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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2012 alle ore 20:53.

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Un grande impiccio politico-istituzionale. Al centro, ancora una volta, la Rai. Mario Monti, forzando i tempi e le procedure, ha confermato che sono stati indicati Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi rispettivamente presidente e direttore generale della Rai. Il consiglio dei ministri ha poi designato Angelo Maria Cardani presidente dell'Agcom.

Al di là dei nomi, la forzatura è evidente. Il presidente della Rai deve ricevere i voti dei due terzi della Vigilanza, ovvero deve avere l'ok di Pd e Pdl. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha ribadito oggi di non voler nominare consiglieri Rai. Potrebbe fare un eccezione per Anna Maria Tarantola. Ma un presidente senza consiglio non è nemmeno presidente: e senza Pd e Idv non si fanno i consiglieri. L'assemblea dei soci Rai, convocata per martedì (ma può restare aperta) potrà anche invitare i futuri consiglieri a delegare una parte dei poteri al presidente, come prevede l'attuale Statuto della concessionaria. Ma ci vuole un Cda che deleghi tali poteri operativi.

La forzatura più evidente è sul nome del direttore generale: al di là del profilo di Gubitosi, per legge il dg va nominato d'intesa tra Cda e azionista. In questo caso, Monti lascia al Cda, e alla Rai tutta, solo il compito di ratificare una decisione già presa. Bisognerà capire adesso le reazioni di Pd e Pdl ai nomi annunciati: Monti punta sul fatto che sia arduo far cadere un Governo per non accettare un presidente o un direttore generale della Rai. Il più importante dei nomi, in ogni caso, è quello di Angelo Maria Cardani alla presidenza Agcom: per sette anni dovrà varare le regole principali in un settore iperconcentrato, con poco pluralismo e poca qualità nei programmi, con il settore delle tv locali in piena crisi e una rivoluzione digitale in corso.

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