Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2012 alle ore 08:32.
Mario Monti prende in contropiede i partiti e annuncia i nuovi vertici Rai e i cambiamenti nella governance, compatibili con l'attuale statuto aziendale.
I cambiamenti del sistema della comunicazione e quelli dell'assetto del sistema italiano rendono più drammatici i problemi del servizio pubblico. La Rai deve, innanzitutto, rifondare la propria legittimazione come servizio pubblico finanziato da due miliardi di euro pagati dai cittadini. Lo deve fare in termini di maggiore qualità dei programmi (in particolare quelli di intrattenimento di prima serata e i talk show del day time), di investimenti - più che di tagli - nell'industria audiovisiva nazionale, evitando i Manuali Cencelli come quello del piano per la fiction.
Né la Rai può distinguersi per delocalizzare all'estero le produzioni com'è accaduto negli ultimi anni, a scapito delle professionalità interne (Un Posto al sole resta, al contrario, un modello - incredibilmente isolato - di felice partnership industriale con un privato. A Napoli). Lo deve fare con un effettivo pluralismo dell'offerta sulle tre reti, dando spazio a tutte le voci e opinioni presenti nella società, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale.
Il conto economico è strutturalmente in deficit, soprattutto negli anni dei grandi eventi sportivi: il pareggio del 2011 e quello previsto per il 2012 sono il risultato di tagli dei costi che non possono essere riproposti a lungo senza ridurre la competitività dell'azienda. Il riequilibrio dei conti passa per il recupero dell'evasione del canone, per introiti commerciali degni di questo nome e, eventualmente, per un ridisegno del perimetro aziendale, per esempio riducendo il numero dei canali digitali. Quest'ultima è però una manovra rischiosa, non solo politicamente, ma anche sul fronte dell'audience.
La Rai deve conquistare non solo i giovani quanto le fasce più elevate di pubblico. Lo smantellamento di RaiTre e la cacciata di Michele Santoro non hanno contribuito a recuperare tali fasce. C'è un problema legato alle risorse per acquistare i diritti sugli eventi: Sky sta conquistando tutti i grandi eventi dei prossimi cinque-sei anni, anche per la trasmissione in chiaro (e ha un canale terrestre, Cielo). La Rai è assente dalla pay tv e questo non l'aiuta a conquistare i diritti in chiaro dei grandi eventi.
Resta da valutare l'impatto dei cambiamenti di governance anticipati dal presidente del Consiglio. Notevole sarà quello delle nomine dei dirigenti di primo e secondo livello direttamente da parte del presidente su proposta del direttore generale: su quarantadue dirigenti, sono solo una decina quelli editoriali. Appare invece sottodimensionata la soglia dei dieci milioni di euro entro la quale i contratti proposti dal direttore generale andranno autorizzati dal presidente. Un tetto che includerà i contratti di Bruno Vespa e Fabio Fazio; ma il costo dei prodotti audiovisivi la rende inadeguata: una serie con oltre sei puntate costa più di dieci milioni e, quindi, sarebbe di competenza del nuovo Cda, costretto a riunirsi comunque con una certa frequenza.
Il tutto, come detto all'inizio, in uno scenario dove si moltiplicano le piattaforme, anche mobili, nelle quali consumare, on demand o in modo lineare, i prodotti della tv. Vuol dire costruire un servizio universale che operi su tutte le piattaforme, con Internet che deve diventare la Rete delle reti Rai. Senza dimenticare che nel 2016 scadrà la Convenzione Rai-Stato: i nuovi vertici dovranno aprire nel Paese un confronto sul modello di quanto avviene per la Royal Charter della Bbc. Per capire quale servizio pubblico serve all'Italia del duopolio e della Rai controllata dai partiti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA