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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 21:49.

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Se le nomine di Presidente e Direttore generale hanno fatto venire il mal di pancia ai partiti, si profila un nuovo ostacolo per il Governo: la commissione di Vigilanza. Che già e stata semplicemente bypassata quando è stato indicato il nome del futuro direttore generale, Luigi Gubitosi. E il dissenso è stato subito manifestato in maniera bipartisan.

E per martedì è in programma l'ufficio di presidenza: quasi sicuramente servirà a decidere per l'avvio del seggio elettorale per la nomina di 7 dei 9 componenti del nuovo Cda, ma forse si parlerà anche della procedura fuori dalla prassi seguita dal governo in questa circostanza.
La legge Gasparri affida alla Commissione infatti il compito di nominare sette dei 9 componenti del Cda di viale Mazzini (gli altri due, tra cui il presidente, toccano all'azionista di riferimento, il Tesoro) e poi allo stesso Cda compete indicare all'azionista di riferimento una rosa ristretta di candidati alla direzione generale. Proprio questo passaggio è saltato, mentre la nomina di fatto c'è già.

Il capogruppo Pdl Alessio Butti e il vicepresidente Giorgio Merlo, espressione del Pd, hanno già criticato aspramente la prassi. Butti, premettendo «l'elevato profilo delle persone indicate, verso le quali non nutro alcun tipo di pregiudizio», ha sottolineato innanzitutto la «irritualità» di indicare un direttore generale, «che come tutti sanno dovrebbe essere scelta del Cda». Per Merlo il ruolo della commissione parlamentare è stato «svilito». Inoltre il Pd non ha ufficializzato se prenderà parte o meno alla votazione dei 7 componenti del Cda che competono alla Vigilanza. Difficile immaginare che il Pdl e gli altri partiti (Udc, Lega) procedano da soli.

Mentre Pierferdinando Casini (Udc) è conciliante: «L'Udc è pronto a rinunciare a esprimere candidature se sarà il governo ad indicare direttamente anche i 7 consiglieri». Decisamente più alti i toni del Pdl: «Ma di che si parla? Del governo che indica tutti i consiglieri della Rai, violando leggi e sentenze della Corte? Questa è demagogia totale. Parlano quelli che sono ostili alla privatizzazione della Rai, che la mia legge consente e che in troppi, a sinistra al centro e a destra, non vogliono. La Rai privata sarebbe gestita dagli azionisti, ma se è pubblica decide il Parlamento, non il governo. Lo dice da decenni la Corte Costituzionale». Lo afferma in una nota il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri. Infine, l'Usigrai (sindacato giornalisti Rai) sottolinea che ora «la prima questione è quella del mandato che l'azionista dà ai nuovi vertici. Ci sia trasparenza». Per Giuseppe Giulietti «ora il governo, invece di occuparsi del nome del direttore generale, dovrebbe dire con chiarezza quale mandato assegnerà: la Rai dovrà essere rilanciata e qualificata o venduta a pezzi? Il metodo Banca d'Italia sarà esteso anche alle assunzioni e agli appalti?».

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