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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 08:12.

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Mentre l'alleato russo ribadisce l'opposizione di Mosca a qualsiasi ricorso all'uso della forza per risolvere la crisi siriana ma apre all'ipotesi che Assad possa lasciare se i siriani dovessero decidere in questo senso, l'esercito di Damasco ha bombardato ieri alcune roccaforti dei ribelli uccidendo, secondo ultime stime, 18 civili, tra cui donne e bambini a Deraa. Un nuovo episodio, testimoniato dalla diffusione di un video, della feroce repressione in atto da oltre un anno, che ha spinto le forze di opposizione a richiedere alla comunità internazionale armi sofisticate per far cadere il regime di Bashar al Assad.
Venerdì erano morte altre 68 persone, in maggioranza civili, negli scontri tra soldati e ribelli, secondo quanto ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo (Sohr).
Come dicevamo almeno 18 persone, tra cui nove donne e tre bambini di 12 e 13 anni, sono morte prima dell'alba nei bombardamenti dell'esercito su Deraa, nel sud del paese, la città dove iniziarono le prime manifestazioni di protesta contro il regime di Assad nel marzo 2011. Il presidente dell'Ong, Rami Abdel Rahmane, ha precisato che i bombardamenti potrebbero essere stati una rappresaglia agli «assalti lanciati generalmente di sera contro le caserme dell'esercito», una decisione che ha scatenato la repressione.
Anche a Homs, altra roccaforte dei ribelli, l'esercito avrebbe bombardato massicciamente alcuni quartieri, uccidendo sei civili, secondo il Sohr, ma non ci sono conferme ufficiali da parte degli ossservatori dell'Onu. Le truppe del regime cercano da diverse settimane di prendere il controllo di questi quartieri. Oltre 13.400 persone, in gran maggioranza civili, sono morte da quando è cominciata la rivolta contro il presidnete siriano Assad.
Della questione siriana ha parlato a lungo ieri in una conferenza stampa il ministro degli Esteri russo Lavrov. La Russia, ha detto Serghei Lavrov, non autorizzerà mai il ricorso alla forza in sede di Consiglio di Sicurezza Onu. Mosca ha criticato le potenze occidentali per non voler accettare la presenza dell'Iran nel contesto di una possibile conferenza internazionale sulla Siria. Quanto al futuro di Assad, Lavrov ha detto che se i siriani in prima persona trovassero un accordo che implicasse la sua rinuncia al potere, la Russia accoglierebbe «con gioia una simile soluzione». Ipotesi però abbastanza improbabile.
La Russia, principale alleato con la Cina della Siria, non si oppone dunque ad un'eventuale deposizione di Bashar el Assad ma solo (e questo è il passaggio chiave da sottolineare) se sarà «il popolo siriano» a volerlo. Così Lavrov ha chiarito, ma anche delimitato fortemente, la posizione formale della Russia: Mosca sostiene Damasco e non il regime di Bashar el Assad in quanto tale. «Ma crediamo – ha aggiunto il capo della diplomazia russa – che sia inaccettabile imporre le condizioni di questo dialogo dall'esterno». Insomma tutto come prima.
V.D.R.
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