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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2012 alle ore 07:04.

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(Epa)(Epa)

Che succederà dopo il fatidico voto del 17 giugno in Grecia trasformato in un referendum sulla permanenza o meno di Atene nell'eurozona?
Premesso che i sondaggi segnano parità, con l'ultima rilevazione informale (perché a due settimane dal voto sono vietati) che dà il 22% dei voti al pro-europeo Nea Dimokratia e il 22,7 alla formazione di sinistra radicale Syriza, proviamo a chiederci cosa potrebbe accadere dopo il voto di domenica.

Prima ipotesi: vince Syriza, ottiene circa 130-135 seggi su 300 e deve trovare un partito come la Sinistra democratica o il Pasok che lo appoggi al governo. Il leader della sinistra greca, Alexis Tsipras, non ha fatto mistero di voler abolire il programma di austerity formulato dall'Fmi e dalla Ue, legato agli aiuti concessi alla Grecia, al punto di dire in campagna che oramai l'intesa «appartiene alla storia».

Syiriza però non ha mai fatto campagna esplicita contro l'euro, ma solo contro il memorandum visto che il 75% dei greci vuole restare nell'euro. Contraddizione politica che i greci però non colgono o fanno finta di non capire. Se scatta la corsa agli sportelli bancari però il governo di Syriza diventa paradossalmente sempre più ostaggio della Troika che deve decidere se bloccare gli aiuti in attesa che il governo decida cosa fare sui negoziati. Atene ha soldi nelle casse fino a luglio, poi non può pagare né pensioni né stipendi.

Probabilmente un governo guidato da Syriza condurrebbe a una rinegoziazione dei termini (interessi più bassi e con più tempo per ripagarli) dei prestiti internazionali, fatto che Bruxelles potrebbe anche accettare in linea di principio, soprattutto dopo il prestito spagnolo per le banche definito "leggero" dai commentatori. Naturalmente nei giorni dopo il voto aumenterebbe il rischio di uscita dall'euro, insomma sarebbe come giocare una partita a poker tra i leader di Syriza e la troika, con molte probabilità di un incidente o uno screzio, un punto di orgoglio ferito, un elemento qualsiasi che possa far deragliare le trattative. Allora sarebbe la fine e il paese imboccherebbe la via del ritorno alla dracma.

Secondo scenario: Vince Nuova Democrazia del conservatore Antonis Samaras. Probailmente Samaras non riuscirà a vincere la maggioranza assoluta dei seggi ma potrebbe ricevere gli aiuti del Pasok al 10-13% dei voti per formare un governo. Forse servirebbe anche l'apporto della Sinistra democratica di Fotis Kouvelis. Anche in questa ipotesi - secondo una analisi di Wolfango Piccoli di Eurasia Group - ci sarebbe «il 25% di possibilità entro un anno di un'uscita dall'euro» per mancanza di stabilità politica. Naturalmente i mercati dovrebbero festeggiare o spostare l'attenzione su una nuova preda dell'eurozona. Atene respira, i fondi continuano ad arrivare, l'euro è salvo.

Terzo scenario. Vince Syriza ma non ottiene la maggioranza né riesce a formare un governo. A questo punto ci vorrebbe un governo di grande colazione che comprenda almeno quattro partiti (Syriza, Pasok, Sinistra Democratica e i Greci Independenti di Kammenos). In alternativa Syriza potrebbe fare un governo di minoranza. Insomma il paese andrebbe verso una fase di forte instabilità, con l'economia in sempre maggior difficoltà, sesto anno di recessione e con forti tensioni sociali. Sarebbe un pari che non acconterebbe nessuno. Mercati compresi.

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