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Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2012 alle ore 06:47.

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Con ben tre voti di fiducia distinti e tanti mal di pancia all'interno della maggioranza oggi il Ddl corruzione prova a superare gli ultimi scogli alla Camera. Con la concreta possibilità di ritornarci perché al Senato, visto il pressing del Pdl, si potrebbe fare qualche modifica: a partire dalle pene per la corruzione, inasprite dal Pd nell'ultimo passaggio in commissione. «Se la modifica sarà solo questa i tempi saranno molto limitati», ha subito assicurato il guardasigilli, Paola Severino.
Ieri il Governo, dopo una mattinata convulsa e un vertice molto teso di maggioranza, ha dovuto rinunciare a presentare il maxiemendamento a cui aveva lavorato nei giorni scorsi per superare l'impasse alla Camera. Tutto è iniziato quando il Pdl ha scoperto un ritocco sostanziale all'articolo 7 che impedisce ai condannati con sentenza definitiva di contrattare e dunque di partecipare ad appalti con la Pa. Nell'elenco dei reati spunta l'«induzione indebita a dare o promettere utilità» (il 319 quater del codice penale) voluta dalla Severino: reato di cui sono imputati Berlusconi nel processo Ruby e Filippo Penati nel procedimento incardinato a Monza. Il Pdl non ci sta e contrattacca chiedendo di riabbassare le pene per la corruzione rialzate in commissione dal Pd. Che si rifiuta e anzi rilancia con la richiesta di inserire tra i casi di interdizione perpetua dai pubblici uffici proprio il nuovo 319 quater. A questo punto, di fronte ai veti incrociati di Pd e Pdl, il maxiemendamento si sgonfia e il Governo torna al testo uscito dalla commissione lo scorso 22 maggio. Che di fatto non giustifica più il ricorso al maxiemendamento. Un pasticcio, questo, subito bacchettato dal presidente della Camera Gianfranco Fini («così si mortifica il ruolo della Camera») e che ha costretto il Governo a farsi autorizzare tre fiducie sugli articoli più importanti del testo (10, 13 e 14), con il voto finale atteso per domani pomeriggio. Voto che si annuncia contrastato tanto che c'è chi, a titolo personale, già si sfila.
Ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, al centro del pasticcio sul maxiemendamento, ha provato comunque a smorzare le tensioni ribadendo che la maggioranza è «solida». Mentre la Severino ha giustificato la fiducia come necessaria «per superare un'impasse che altrimenti non poteva essere superata». Ma le diversità di vedute fra Pd e Pdl restano, eccome. A quest'ultimo, in particolare, non è affatto piaciuta la decisione delle tre fiducie. E anche se non farà mancare i suoi voti, il Pdl sulla giustizia chiede certezze: dal giro di vite sulle intercettazioni da fare in tempi rapidi alla responsabilità civile dei magistrati su cui non si vogliono retromarce rispetto alla norma a firma del leghista Pini già votata dalla Camera. Sul punto è stato chiaro Fabrizio Cicchitto: «Voteremo la fiducia per senso di responsabilità». Ma, precisa il capogruppo del Pdl alla Camera, «prendiamo atto che del trittico di questioni riguardanti la giustizia – corruzione, intercettazioni, responsabilità civile dei giudici – che dovrebbe essere trattato in modo congiunto di fatto solo la corruzione è stato portato avanti dal Governo».

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