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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2012 alle ore 08:14.

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L'ultima brutta notizia, sul fronte economico, è di giovedì scorso: in maggio l'inflazione in India è cresciuta del 7,55% su base annua, più del previsto, campanello d'allarme per il taglio dei tassi che la Reserve Bank vorrebbe annunciare la prossima settimana per dare fiato alla crescita. Sul fronte politico invece è di ieri un'ulteriore disfatta per il Congress Party di Sonia Gandhi, elezioni suppletive nello stato dell'Andhra Pradesh stravinte da un ex alleato staccatosi dal partito che dopo aver governato l'India per il grosso dei 65 anni di indipendenza, ora si sta abituando a perdere. Le elezioni generali sono in programma per il 2014: prevedendo un risultato difficile, già Sonia corre ai ripari in modo da avere un presidente dalla propria parte. Per il rinnovo della massima carica dello Stato, che scade in luglio, il Congress ha annunciato ieri la candidatura di uno dei suoi dirigenti storici, Pranab Mukherjee.
La mossa ha anche un altro significato. Mukherjee, 76, è l'attuale ministro delle Finanze. Le dimissioni annunciate ieri dalle tv aprono la strada a un rimpasto cruciale: la crescita indiana viaggia ai ritmi più lenti degli ultimi nove anni, la rupia è una delle valute più deboli in Asia e pochi giorni fa, in un rapporto intitolato "Il primo angelo a cadere", Standard & Poor's ha minacciato di fare dell'India la prima economia tra i Brics a perdere lo status di Paese affidabile per gli investimenti. La colpa, secondo l'analisi dell'agenzia di rating, è di un Governo dipendente dagli alleati della coalizione, troppo debole per riuscire a introdurre «le riforme necessarie al bene del Paese». Con Mukherjee alle Finanze l'India ha adottato misure fiscali sfavorevoli agli investitori esteri, cedendo a politici come Mamata Banerjee, chief minister populista del Bengala occidentale, contraria ad aprire agli stranieri la grande distribuzione indiana.
A dimostrazione della vulnerabilità del Congress, giovedì Mamata aveva proposto per la presidenza lo stesso capo del Governo, il 78enne Manmohan Singh: sfiduciandolo, di fatto. Il contrattacco di Sonia Gandhi ha rimesso in sicurezza il primo ministro, che potrebbe addirittura - lo ha detto lo stesso Mukherjee - assumere l'interim delle Finanze. Ma se negli anni 90 Singh è stato il simbolo delle riforme indiane, ora anche lui appare prigioniero dell'inerzia che stringe il Governo. «Sotto la sua guida supereremo questa crisi temporanea», ha detto Mukherjee. Certamente non è questo il segnale di rinnovamento che l'India attende.
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