Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2012 alle ore 08:12.

My24


Con una certa ingenerosità erano stati accusati di essere testimoni impotenti del dramma: adesso che gli osservatori delle Nazioni Unite hanno annunciato la sospensione temporanea della loro missione la tragedia siriana andrà avanti oscurata agli occhi della comunità internazionale. È una decisione grave, un lugubre segnale d'allarme con un significato politico chiaro: è l'ammissione, sul campo, che il piano di pace dell'inviato speciale dell'Onu e della Lega Araba Kofi Annan, con il suo immaginario cessate il fuoco teoricamente in vigore dal 12 aprile, sta naufragando proprio mentre a parole si vorrebbe sostenerlo convocando una conferenza internazionale sulla Siria.
Una situazione imbarazzante e paradossale allo stesso tempo, che rimanda alla memoria l'inerzia internazionale davanti ai massacri dei Balcani: la decisione dell'Onu arriva mentre a Homs si prepara un nuovo attacco delle forze lealiste. La città, secondo fonti dell'opposizione, sarebbe circondata da 30mila tra soldati e "shabbiha", le forze paramilitari alauite, uno schieramento che ha messo sotto assedio migliaia di famiglie. Difficile pensare cosa resterà di Homs. I soldati di Bashar Assad e la guerriglia si fronteggiano sulla linea del fronte di Piazza dell'Orologio e interi quartieri come Bab Amro, dove eravamo potuti entrare seguendo i Caschi blu, sono ridotti a cumuli di rovine che rendono irriconoscibili strade e piazze. Ma Bashar e il clan dei militari al potere non rinunciano a domare, a ogni costo, la città simbolo di questa rivolta.
L'annuncio della sospensione è stato dato dal capo missione, il generale norvegese Rober Mood, e giustificato con l'irrefrenabile escalation della violenza: «Manca qualunque volontà delle parti di arrivare a una transizione pacifica, si cerca soltanto la soluzione militare e ogni giorno aumentano le perdite di civili innocenti, uomini, donne, bambini». Mood, che la prossima settimana farà rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha aggiunto che non vuole rinunciare alla missione dei 300 Caschi blu: «Giorno per giorno valuteremo se ci sono le condizioni per riprendere la nostra attività. In questo momento per gli osservatori i rischi sono notevoli».
Martedì scorso nella città di Heffa gli osservatori, che circolano disarmati, erano stati bersagliati da lanci di pietre e qualche raffica di arma automatica esplosa probabilmente da sostenitori del regime che volevano impedire un sopralluogo: hanno potuto tornarci soltanto due giorni fa e nell'aria, secondo le testimonianze, resisteva l'odore stagnante dei cadaveri bruciati e seppelliti in fretta.
Il generale Mood è un militare secco e allampanato, dotato di un forte autocontrollo e con lampi di distaccata ironia che abbiamo visto prendere anche iniziative rapide e inattese per raggiungere luoghi dove venivano segnalati scontri e massacri: in una di queste incursioni qualche settimana fa, in direzione di Daraa, il suo convoglio era sfuggito a una bomba rudimentale piazzata sull'autostrada di Damasco.
Addestrato dai marines americani, comandante in Libano e del battaglione Telemark in Kosovo, Mood non sembra un ufficiale che cede facilmente alle pressioni interne o esterne. È evidente che questa decisione così significativa è stata presa dal generale dopo consultazioni con Kofi Annan e con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che nei giorni scorsi aveva dichiarato che la Siria si trova sull'«orlo della guerra civile». Una valutazione che aveva ricevuto qualche critica ma era stata ricavata dalle relazioni accurate dei Caschi blu, sostenuta dai rapporti delle Nazioni Unite sulle torture, perpetrate anche ai danni dei bambini, usati come scudi umani, e giustificata da un report di Amnesty International secondo il quale dal marzo del 2011, inizio della rivolta, ci sono stati almeno 14mila morti.
Le reazioni del regime e dell'opposizione all'annuncio dell'Onu sono state ovviamente diverse. Il ministero degli Esteri di Damasco afferma che «sono i gruppi terroristi appoggiati da Paesi arabi e stranieri a minacciare le vite degli osservatori». L'ex presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns), Buhram Ghalium, esponente del variegato fronte dell'opposizione, ha chiesto «una missione più numerosa di Caschi blu in grado di proteggersi dalla violenza del regime» avvertendo che a Homs il regime prepara «un attacco selvaggio» senza precedenti.
Quali saranno gli effetti dell'annuncio del generale Mood? La comunità internazionale è con le spalle al muro. Il piano Annan finora è stato una sorta di foglia di fico sia per l'Occidente, che come ha ribadito la Nato non intende attuare un intervento militare, che per la Russia di Putin, strenua sostenitrice di Assad. Per questo adesso Est e Ovest tenteranno di resuscitarlo in una conferenza internazionale dall'esito incerto e forse amaramente tardivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi