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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2012 alle ore 07:37.

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ROMA. Nella manciata di giorni in cui l'eurozona si gioca il suo futuro, Mario Monti, al ritorno dal G20 di Los Cabos, è al lavoro per mettere a punto il pacchetto di proposte che illustrerà già domani ad Angela Merkel, François Hollande e Mariano Rajoy nel vertice che di fatto aprirà la strada al decisivo appuntamento europeo del 28 e 29 giugno.

Un'agenda articolata su più punti, aperta, che si basa sostanzialmente su tre assi portanti: sondare più da vicino la portata dell'opposizione tedesca rispetto all'ipotesi che il Fondo salva-stati (Efsf-Esm) possa essere utilizzato in chiave «anti-spread» per l'acquisto di bond dei paesi dell'Eurozona in difficoltà; aprire una breccia sul fronte di «investimenti mirati» e diretti a incrementare il potenziale di crescita dell'eurozona, da escludere dal computo del deficit; garantire, anche attraverso la riforma del mercato del lavoro che il premier auspica venga approvata entro fine mese, che l'Italia sta consolidando il percorso di risanamento dei conti e delle riforme strutturali, in linea con gli impegni assunti.

Nessuna proposta formalizzata, in ogni caso sull'acquisto di bond da parte del fondo salva-Stati, ma solo una «riflessione in atto» si puntualizza a palazzo Chigi. Il ragionamento è sostanzialmente questo: se un paese ha onorato i suoi impegni, presenta un quadro di finanza pubblica "sostenibile", non si vede perchè debba essere penalizzato da un differenziale troppo alto che non rispecchia i fondamentali dell'economia. Se ne discuterà domani, in un vertice peraltro anticipato al primissimo pomeriggio su richiesta di Angela Merkel. Motivo: il match Germania-Grecia, quarto di finale dell'Europeo di calcio, cui il cancelliere tedesco assisterà in serata a Danzica. Al termine del colloquio a Villa Madama, ci sarà spazio solo per una brevissima conferenza stampa e forse per un comunicato congiunto.

Tranchant la precisazione che giunge dal portavoce del commissario europeo, Olli Rehn: a Bruxelles non è pervenuta alcuna richiesta formale da parte italiana, e comunque chi ne fruisse dovrebbe accettare le condizioni imposte dalla trojka (Fmi, Bce e Commissione europea) con annessa la firma e il rispetto di un protocollo d'intesa. Se questa resterà la posizione di Bruxelles (peraltro già prevista nel meccanismo istitutivo di Efsf e Esm), i margini perchè la proposta possa passare appaiono alquanto esigui. Si ipotizza allora una struttura finanziaria diversa dal Fondo salva-Stati, ma i dettagli sono tutti da definire e comunque passare sotto le forche caudine della trojka è un'opzione che Monti rifiuta radicalmente.

L'altro punto fermo della strategia italiana è la fondamentale partita con la crescita. Investimenti strategici, progetti concordati a livello di Unione europea, project bond finalizzati a specifici e mirati investimenti infrastrutturali, potenziamento della dotazione finanziaria della Banca europea degli investimenti, completamento del mercato interno nel settore dei servizi, revisione di parte della "mission" del bilancio comunitario e dei fondi strutturali in direzione della crescita. La strada è in salita ma per Monti occorre quanto meno avviare una riflessione in direzione degli eurobond, o stability bond o redemption funds.

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