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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2012 alle ore 07:08.

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«Sette problemi non fanno una soluzione, fanno un problema molto più grande. E chissà come faremo a uscirne». La frase, quasi una sentenza, viene attribuita ai tecnici del Banco de Espana, incaricati di seguire la nascita di Bankia. È il giugno del 2010, la Spagna prova a rialzare la testa dopo la grande crisi finanziaria internazionale ma non riesce a contenere il deficit pubblico mentre il crollo del settore immobiliare si fa sentire sugli attivi degli istituti di credito. Lanciata come «un nuovo modello bancario», «la risposta alle difficoltà delle cajas» è il risultato della fusione di sette casse di risparmio: a Caja Madrid e Bancaja, potenti espressioni della capitale e della regione di Valencia, si sommano Caja Canarias, Rioja, Avila, Segovia e Laietana. Insieme, nonostante le fragilità già emerse a causa dell'esposizione sul mattone, creano la quarta banca del Paese per attivo, dietro solo ai colossi Bbva e Santander. Un gruppo da 11,5 milioni di clienti, 4mila agenzie e una quota di mercato superiore al 10 per cento.

Se si eccettuano i mugugni dei tecnici della Banca centrale, l'operazione riceve sul momento un sostegno quasi totale: viene spinta dai vertici del Banco de Espana, appoggiata dal Governo socialista di José Luis Zapatero, autorizzata dalle amministrazioni regionali guidate dai conservatori, benedetta dai consigli di amministrazione di tutti gli istituti interessati. Alla guida della nuova supercassa viene nominato Rodrigo Rato, già direttore dell'Fmi e in precedenza, da ministro a Madrid, artefice del cosiddetto miracolo economico del premier popolare José Maria Aznar.

Bankia è la faccia buona, il marchio, l'insegna mentre è Bfa, il Banco financiero y de ahorros, azionista di maggioranza di Bankia con il 52%, a prendersi in carico tutti gli asset dubbi, le perdite sempre più certe sui prestiti concessi alle società di costruzione oltre che alle famiglie iberiche. Nel luglio del 2011 il 48% di Bankia viene quotato alla Borsa di Madrid al prezzo di 3,75 euro per azione: riesce a tenere per qualche mese, fino all'inizio di quest'anno, poi è il tracollo: un calo continuo che fa perdere al titolo il 75% del suo valore, fino a scendere sotto un euro.

Così come le casse di risparmio e i prestiti facili all'immobiliare accompagnano - per oltre dieci anni fino a tutto il 2007 - la crescita spregiudicata della Spagna, allo stesso modo, il grafico della quotazione di Bankia si sovrappone alla parabola discendente di tutto il Paese. Caja Madrid chiude il 2007 con un utile record di 2,86 miliardi di euro dopo aver venduto il 10% di Endesa, Bancaja con 491 milioni di euro. Ora Bankia - nazionalizzata, con Rato uscito di scena e con ormai pochi amici - ha bisogno di almeno 20 miliardi di euro per non fallire. Ha provocato uno scontro senza precedenti tra Governo e Banca centrale, con le dimissioni del governatore Miguel Angel Fernandez Ordonez. È il simbolo di un sistema finanziario che - tra intrecci di potere e speculazioni finanziarie - ha costretto la Spagna intera ad abbassare la testa e a chiedere aiuto all'Unione europea.

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