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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2012 alle ore 10:35.

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Gli "eurocatastrofisti" rimarranno forse a bocca asciutta. Oggi a Villa Madama, nel vertice a quattro Monti-Merkel-Hollande-Rajoy, non si consumerà alcun vero "regolamento di conti". Non ci sarà l'atteso (o temuto) assedio della "cancelliera" da parte di Italia, Francia e Spagna. Sarebbe troppo semplice, ma anche improduttivo. Non siamo a una "riedizione", 27 anni dopo, del vertice dell'85 al Castello sforzesco di Milano quando la Thatcher cercò di bloccare (inutilmente) la conferenza intergovernativa per la creazione del mercato interno e fu messa in minoranza.

Oggi la crisi dell'Eurozona sta preoccupando tutto il mondo ma il motore delle decisioni resta sempre fortemente incardinato nelle due capitali dell'integrazione, Parigi e Berlino. Due posizioni, quella francese e quella tedesca, che al momento divergono: disciplina fiscale e crescita solo con misure strutturali che non comportino ulteriore indebitamento secondo il governo tedesco; crescita anche con investimenti pubblici in equilibrio con la disciplina fiscale per i francesi.

A differenza del passato, però, rispetto a quando queste dispute venivano affrontate e risolte in vertici più o meno informali (ma sempre a due), ora partecipano anche altri Paesi e all'Italia viene riconosciuto da tutti un ruolo attivo e di mediazione. Certo, Mario Monti sarà anche un "cavaliere con l'armatura ammaccata" come lo dipinge l'ultima cover story di Time ma è affidato proprio al premier italiano (che ha spiegato le sue mosse in un'intervista a quattro quotidiani europei oggi in edicola, per l'Italia La Stampa), far sì che le posizioni di Parigi e Berlino si avvicinino sempre più. Peraltro, sulla Sueddeutsche Zeitung, Monti ha tranquillizzato il "signor Rossi" tedesco che l'Italia non chiede aiuti di alcun genere.

Il ministro delle Politiche comunitarie Enzo Moavero (che presidia i palazzi di Bruxelles) e il viceministro dell'Economia, Vittorio Grilli (ieri a Lussemburgo per l'Eurogruppo) stanno cooperando all'avvicinamento Parigi-Berlino, sia pure con qualche lieve difetto di comunicazione.
Nessuno, Italia per prima, intende mettere la Merkel con le spalle al muro ma Monti e la sua "squadra" sono determinati nel fare passare, oggi, un messaggio preciso: trovare presto, forse già nel Consiglio Ue del 28 e 29 giugno un meccanismo "antispread" che porti a una "vigilanza sovranazionale", una sorta di "unione finanziaria", come riferiscono fonti governative. Non è infatti possibile, sostengono i tecnici di Palazzo Chigi, che «Paesi virtuosi come l'Italia che hanno accettato il fiscal compact e avviato importanti riforme strutturali, non possano contribuire come vorrebbero alla crescita del loro Paese e alla crescita più complessiva europea perché costretti a finanziarsi a tassi eccessivi».

È presto per dire se questo "meccanismo di stabilizzazione" possa essere attivato dal Fondo provvisorio Salva Stati Efsf (440 miliardi di euro) che effettuerebbe acquisti di bond in Paesi "periferici" sotto pressione. Anche perché i problemi tecnici non mancano a cominciare dal fatto che l'Efsf non ha licenza bancaria ma «qualcosa dovrà pur essere fatto», dicono le fonti governative, si parli di garanzie sui depositi o "fondi di ristrutturazione". Anche per togliere alibi a una maggioranza che, per ragioni diverse, guarda con sempre maggiore diffidenza alle decisioni dei "tecnici". Saranno queste le "technicalities" di cui è «meglio che parliamo noi europei in Europa» alle quali si riferiva Mario Monti al G20 di Los Cabos mentre fonti inglesi già diffondevano anticipazioni sulla proposta? Lo sapremo solo oggi.

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