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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 14:20.

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Il servizio d'ordine dei Fratelli musulmani accoglie la gente in piazza come se Tahrir fosse casa loro. Agli stranieri controllano il passaporto e con una pacca sulla spalla e un sorriso, dicono "welcome". In un certo senso è casa loro: in centinaia di migliaia presidiano la piazza da cinque giorni, giurando di non lasciarla fino a che non ci sarebbe stato il risultato finale del ballottaggio presidenziale, chiuso ormai una settimana fa.

Il momento è venuto. Oggi alle 15 ora egiziana e italiana, la Commissione elettorale annuncerà il vincitore tra il fratello musulmano Mohamed Morsi e Ahmed Shafik, ex generale e ultimo premier di Hosni Mubarak. Forse ci saranno dei ritardi – ce ne sono sempre stati in questa vicenda elettorale – ma un risultato sarà dato. La convinzione generale è che il vincitore sia Morsi.

L'annuncio del risultato non sarebbe stato ritardato dalle difficoltà sul conteggio dei voti e dalle contestazioni, ma da una ragione politica. Scaf, la giunta militare al comando del Paese, e fratellanza, avevano bisogno di tempo per trattare: non sulla vittoria ma su quanto potere reale il nuovo presidente avrà. Se infatti Morsi diventa capo dello Stato, lo Scaf ha già preparato una gabbia istituzionale dentro la quale il presidente avrà spazi limitatissimi. Il Parlamento a maggioranza islamista era già stato chiuso per decreto della Corte costituzionale controllata dai militari; questi ultimi avevano anche dimesso la Commissione costituzionale nominata dal Parlamento per scrivere la nuova carta fondamentale del Paese, sostituendola con una nuovo gruppo di esperti scelti da loro.

Chiunque sarà presidente avrà poteri molto limitati, dunque. Ma se presidente sarà un islamista, tra fratellanza e Scaf inizierà una nuova battaglia politica per il controllo reale del Paese. Questo sarà il problema che si porrà all'Egitto a partire dalle 15 di oggi, se la Commissione elettorale sarà puntuale nel suo annuncio. Per ora la tensione resta ancora attorno al nome del vincitore.

Col passare delle ore e il caldo che sale – quasi 40 gradi - l'atmosfera gioiosa della piazza e la gentilezza del servizio d'ordine lasciano il posto alla tensione. Nonostante le previsioni e quella che molti giornali oggi definiscono una certezza, c'è sempre il rischio che la vittoria sia concessa ad Ahmed Shafik, il candidato del vecchio regime. Poiché è una questione politica, non più un problema matematico di conteggio dei voti, se fosse saltata la trattativa con i Fratelli musulmani i militari dello Scaf potrebbero cambiare vincitore. Sono ore decisive per l'Egitto: le più decisive da quando, 16 mesi fa, era iniziata la rivolta di piazza Tahrir.

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