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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 17:54.

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«Un presidente in borghese senza poteri in uno Stato senza Costituzione né Parlamento. Un momento storico privo di importanza». Il tweet di Katherine Maher, blogger esperta di Primavera araba, sintentizza il pensiero dei tweeter legati dall'interesse per l'Egitto oggi che Mohamed Morsi, 60 anni, diventa primo presidente del Paese dopo il trentennale regime di Hosni Mubarak, costretto alle dimissioni l'11 febbraio 2011 dalla rivoluzione del 25 gennaio in piazza Tahrir al Cairo. L'islamista Morsi ha vinto su Ahmed Shafik, candidato ufficioso dei militari, potere di cui lo stesso Mubarak era espressione. Il generale Tantawi, uomo che ha preso in mano l'esercito e il paese dopo la caduta del rais, si congratula con Morsi, si premura a far sapere la tv di Stato.

Fino a un anno fa in prigione per decisione di Mubarak ora in fin di vita, Morsi, 60 anni, è un ingegnere che studia negli Stati Uniti, viene eletto nel Parlamento nel 2005 come deputato formalmente indipendente, candidato dei Fratelli musulmani perché al leader designato, Khairat Saad El-Shater, è vietata la candidatura dalla commissione elettorale. Najla Ali, 50 anni, moglie di Morsi, sarà una first lady col velo, immagine che gli egiziani non vedono da due generazioni: né l'aristocratica Jihan Sadat né la studentessa dell'Università americana al Cairo Suzanne Mubarak, lo portavano. Najla, sposata a Morsi dal 1978, cinque figli di cui due con il passaporto americano, si vuole distinguere da chi l'ha preceduta: «Respingo il titolo di first lady» dice al sito web della Fratellanza. «È stato usato per la moglie di Anwar el Sadat, Jihane, e per la consorte di Mubarak, Suzanne, entrambe si immischiavano nella politica e nell'economia». Lei, casalinga, non lo farà: le poche foto disponibili la ritraggono con il khemar, velo che copre anche tutto il busto fino ai fianchi. La moglie di Morsi preferisce essere chiamata Hajja, colei che ha compiuto il grande pellegrinaggio alla Mecca, o Oum Ahmed, madre di Ahmad o sorella Najla. «L'Islam ci insegna che il leader deve essere il primo servitore dello Stato e quindi la moglie deve essere la prima servitrice del popolo, non la first lady» è il Najla pensiero. «Se Morsi diventa presidente - ha detto in una intervista di qualche giorno fa - non andremo a vivere in un palazzo presidenziale, a meno che non ne possiamo fare a meno. Spero di poter continuare a vivere fra la gente normale e condividere le loro sofferenze. Ci sono persone in Egitto che vivono ben al di sotto della povertà. Sono la prima categoria della quale mi voglio occupare attraverso il lavoro sociale».

Durante un incontro elettorale ha criticato Suzanne Mubarak per avere consentito che gli egiziani «sprofondassero nell'ignoranza, nelle malattie e nella povertà». Una moglie che pensa ai poveri come il marito, sostenitore di più servizi sociali anche se favorevole al libero mercato. Morsi dichia infatti di voler ridurre la disoccupazione in Egitto fino al 7%, e abbassare il tasso d'inflazione e i debiti del settore pubblico; propone inoltre un sostegno agli egiziani poveri attraverso un aumento della tassazione del 2 per cento. Pur in un quadro istituzionale ancora confuso, cruciale è la posizione di Morsi per il Medio Oriente. Il leader della Fratellanza promette sostegno «alla legittima lotta» dei palestinesi, migliori relazioni con i Paesi arabi del Golfo Persico, maggiore indipendenza dagli Stati Uniti, maggiori investimenti europei nel Paese.

Sull'Islam dà messaggi rassicuranti anche se alcune donne in lacrime oggi al Cairo non sembrano credergli. A parole, Morsi promette di non voler trasformare l'Egitto in una teocrazia e di voler rispettare i diritti delle altre religioni, pur riservando all'Islam una parte centrale del governo. Il vincitore islamista non dice molto sull'organizzazione militare dello Stato e sulla libertà di espressione, pare che voglia vietare la pornografia su internet e criminalizzare alcuni discorsi a sfondo religioso.

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