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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2012 alle ore 19:17.

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Rischio di proibizionismo in MaroccoRischio di proibizionismo in Marocco

Prove di stretta religiosa anche nel tollerante Marocco. Il partito di governo Giustizia e Sviluppo (PJD) ha proposto al governo marocchino una legge che vieta la pubblicità diretta o indiretta degli alcolici. Un primo passo verso il proibizionismo, un tentativo, da parte del partito conservatore, di dare un'impronta di rigore moralista in un Paese aperto e pluralista per storia e cultura.

Non a caso la reazione della stampa è stata dura: dalle colonne de La Vie Eco, l'editorialista Fadel Agoumi denuncia una islamizzazione forzata, non voluta dal popolo e che mal si concilia con le proposte e le promesse elettorali con cui il partito stesso ha conquistato la fiducia dei marocchini. Ma non è solo dall'alto che arriva il malcontento. «Non abbiamo bisogno di questo - dice Mustafa, che gestisce un banco di frutta la mercato alimentare di Casablanca - i problemi del nostro paese sono bel altri, come la salute e l'educazione. È per dare una risposta su questo che il nuovo governo è stato eletto».

Insomma la società marocchina non sembra voler tornare indietro: «Certe proposte populiste - spiega Alis thieck Alami, che gestisce un centro di attività balneari lungo la costa verso Rabat - sono fumo negli occhi, ma non affrontano i problemi reali, come la corruzione, la giustizia e la protezione dell'ambiente. Non vogliamo tornare al medioevo».

Il Marocco, del resto, è un paese produttore di vino sin dall'antichità. «Il vino ci ha raggiunti in compagnia degli amici/trasformando la tristezza in una gioia infinita». Malgrado le apparenze, questi versi scritti nel XIX° secolo, non sono opera di un malinconico poeta occidentale, ma sono nati dalla penna di un imam, Mohammed Al Harraq, testimoniando come la storia del vino marocchino è anomala nell'ambito del mondo arabo-islamico.

La nuova legge del Pdj, in accordo con le prescrizioni islamiche più radicali, vorrebbe bandire gli alcolici dalle vetrine dei negozi e vietarne qualsiasi forma di promozione commerciale. Un danno anche economico per il Marocco, sottolineano gli oppositori al provvedimento. Ogni giorno, infatti, in Marocco si consumano mediamente 120 mila bottiglie di vino, un milione di bottiglie di birra, 400 di whisky, 4500 di vodka e mille di champagne. Sono in migliaia, poi, i marocchini che lavorano nelle produzioni vinicole, che da diverso tempo arricchiscono anche l'offerta turistica del Paese attraverso l'organizzazione di degustazioni e viaggi alla scoperta dell'enologia locale.

In una lettera indirizzata al presidente del parlamento Ghellab, al presidente del governo Benkirane ed ai presidenti dei gruppi politici, le federazioni nazionali del turismo, dell'industria alberghiera, delle agenzie di viaggio, insieme anche ai produttori di vino, hanno denunciato che la legge comporterebbe gravi perdite economiche per settori già estremamente provati dalla crisi. In più - è scritto nel testo della lettera - il provvedimento premierebbe il mercato nero, a scapito della qualità della viticoltura nazionale. Più che il proibizionismo, si dice, servirebbe promuovere campagne per sensibilizzare la popolazione ad un uso responsabile degli alcolici.

La posta in gioco è evidentemente più ampia. E dalle colonne della stampa progressista si denuncia il rischio di scivolare verso una islamizzazione forzata, una restrizione delle libertà individuali e soprattutto verso una scissione in due della società, che può provocare odio e risentimento interno. Non erano queste le promesse della campagna elettorale del Pjd.

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