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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2012 alle ore 15:44.

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Una città artificiale autosufficiente dal punto di vista energetico capace di ospitare anche diecImila persone. Cinque isole da realizzare nella baia di Halong in Vietnam ricreando il paesaggio della natura locale e prendendo come riferimento la città sull'acqua per eccellenza, Venezia. E' questo il concept di una nuova eco-city made in Italy. Si chiama Dao Viet Eco City e il progetto è firmato da un gruppo guidato dagli architetti romani di T studio che hanno vinto una gara contro grandi gruppi internazionali, già affermati nella progettazione di nuove città artificiali come la più nota Palma di Dubai.

Sulla scia del successo dei progetti innovativi dell'eco-city di Dongtan in Cina, di Zira in Azerbaijan, the Palm Island a Dubai e Masdar City ad Abu Dhabi, è stata svelata in questi giorni la nuova Dao Viet Eco City pensata per trasformare un'area di 800 ettari. La nuova città è stata voluta dalle autorità pubbliche ma per passare alla fase realizzativa avrà bisogno della spinta degli imprenditori privati. 
Se in Cina protagonista è la grande società di ingegneria Arup, in Azerbaijan lavorano gli architetti danesi Big e Masdar (in costruzione) ha visto in campo lo studio Foster+Partners, in Vietnam si è affermato uno studio italiani, di modeste dimensioni, affiancato da importanti consulenze soprattutto in tema di sostenibilità ambientale.

Con T Studio firmano infatti il progetto anche i milanesi di Studio Majone (per competenze sull'ingegneria idraulica) e i tedeschi Transolar (per l'efficienza energetica). «All'anonimato dell'architettura internazionale e al formalismo dell'architettura nostalgica il progetto – spiega Guendalina Salimei a capo dello studio romano – contrappone un'architettura legata al paesaggio, proponendo soluzioni tipologiche e tecnologiche avanzate ma attente all'evoluzione delle architetture locali».

Sull'esempio dei progetti delle altre eco-city la progettazione si è concentrata soprattutto sull'autosufficienza energetica con interventi mirati sul sistema di rifiuti e della mobilità. «La testa del Drago come tutto il resto del complesso è un'opera interamente artificiale – spiega Salimei –. La forma data con il progetto è quella modellata di un paesaggio rurale vietnamita, con pendii lievemente scoscesi e terrazzati. A questo paesaggio, con un'operazione concettuale viene sovrapposto il paesaggio urbano di Hanoi». L'ibridazione tra paesaggio rurale e quello urbano avviene attraverso un approccio scultoreo: lo scavo delle vie all'interno del paesaggio terrazzato.

Il progetto prevede la realizzazione di cinque nuove isole e la committenza (Petrovietnam Premier Recreational) ha chiesto di ipotizzarne lo sviluppo per stralci. La fattibilità resta affidata al test del mercato.

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