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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2012 alle ore 23:26.

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Niente unione bancaria, certamente niente eurobond, senza controllo. La posizione della Germania al vertice europeo di oggi e domani è chiara. Il cancelliere Angela Merkel l'ha forse spinta un po' troppo in là in termini di retorica quando ha detto «niente eurobond, finché campo». Ma c'è da parte tedesca una genuina convinzione che si possa arrivare a qualche forma di messa in comune del debito, e, prima ancora, delle garanzie sui depositi bancari, solo una volta creato un quadro istituzionale per esercitare un controllo sulla spesa altrui.

Per ora, non fa parte della percezione della crisi da parte della leadership tedesca (né tanto meno dell'opinione pubblica) il fatto che, mentre questi cambiamenti («più Europa», come è solita dire la signora Merkel) richiedono anni, il tempo a disposizione si misura oggi in settimane, forse giorni. Né appaiono evidenti le conseguenze cataclismiche, anche sulla Germania, di una rottura dell'unione monetaria. La chiave di volta del vertice sta probabilmente nella capacità degli altri di modificare queste due percezioni, che appaiono ben radicate.

Il punto di partenza della posizione tedesca è che, come la Germania ha fatto a suo tempo sacrifici e riforme strutturali, ha seguito politiche di bilancio prudenti, ha ridato competitività all'industria, così dovranno fare gli altri e non c'è alternativa. Tutte le altre opzioni sono scorciatoie, «economicamente sbagliate» e incostituzionali, come dice la signora Merkel, «per mettere le mani sui nostri soldi», come dice il quotidiano popolare Bild. Entrambi sono in sintonia (e lo dimostrano gli indici di popolarità del cancelliere) con un'opinione pubblica alla quale nessuno, tanto meno il capo del Governo, ha spiegato i benefici dell'euro per la Germania, e che quindi è stata incentivata a coltivare la nostalgia del marco. Per di più, non basterebbero i soldi della Germania a tenere a galla l'Europa, si osserva a Berlino.

«Per la Germania - dice Ulrike Guerot, dello European Council for Foreign Relations - sarà della massima importanza ottenere dei chiari segnali che gli altri Paesi europei sono alla fine pronti a fare concessioni sostanziali in termini di sovranità nazionale e a impegnarsi in una riflessione seria sull'unione politica». Le dichiarazioni dopo l'incontro di ieri fra il cancelliere e il presidente francese François Hollande sembrano andare in questa direzione. Di certo, il clima del dibattito europeo delle ultime settimane ha prodotto in Germania un senso di accerchiamento che difficilmente gioverà alle discussioni. Per ora ha generato un irrigidimento della posizione di Berlino, solo in parte attribuibile a una tattica negoziale e in parte all'imminenza del voto al Bundestag su patto fiscale (domani stesso) e fondo salva-Stati e alla pronuncia della Corte costituzionale. Attore decisivo oggi delle scelte tedesche.

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