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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2012 alle ore 15:48.

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La riforma del mercato del lavoro è stata approvata e fuori dal nostro Paese gli investitori guardano con attenzione alle modifiche che la legge Fornero apporterà al sistema lavoristico nazionale. Sotto la lente delle imprese, in particolare, ci sono le norme per la flessibilità in entrata e in uscita e la loro applicazione chiara e rigorosa: elementi che dimostreranno o meno la capacità della riforma di attrarre capitali dall'estero e far ripartire, contestualmente, anche il sistema economico italiano. «Quello che le aziende straniere ci chiedono è semplice: vogliono sapere se questi interventi saranno in grado di semplificare le procedure e migliorare la loro capacità produttiva», spiega l'avvocato Marcello Giustiniani, socio e responsabile del dipartimento Diritto del Lavoro"dello studio milanese Bonelli-Erede-Pappalardo.

E aggiunge: «Gli imprenditori non sono obbligati a venire a produrre in Italia: lo fanno solo a condizione che il loro investimento renda più che altrove. Ecco, possiamo dire che la riforma aumenta il margine di questa redditività». In primo luogo per quanto riguarda la flessibilità in uscita: «Secondo alcuni sarebbe stato necessario rendere i licenziamenti più semplici ma penso – prosegue Giustiniani – che quanto è stato previsto sia sufficiente a rompere il circuito vizioso nel quale siamo caduti. Con ila nuova legge si stabilisce infatti in maniera chiara che nel caso in cui un'azienda voglia licenziare un dipendente, ha la possibilità di farlo senza rischiare che un giudice lo reintegri, a patto che quell'atto non venga dichiarato discriminatorio o insussistenti i motivi che lo hanno generato.

Alle aziende straniere quindi oggi possiamo dire che il rischio maggiore che possono correre nel caso in cui vogliano interrompere un rapporto di lavoro per un giustificato motivo, è quello della compensazione economica nei confronti del dipendente licenziato». Ciò significa che le imprese avranno di fatto la possibilità di "contabilizzare", di iscrivere a bilancio, i costi di quella decisione, e calcolarne così in maniera precisa la convenienza eventuale. «Oggi lo Statuto dei Lavoratori non solo non permette un'operazione di questo tipo ma, di fatto, limita la libertà dell'imprenditore di licenziare, demandando al legislatore l'individuazione dei parametri di legittimità dello stesso ed eventualmente la possibilità di reintegrare il dipendente al suo posto.»

Dal prossimo futuro, invece, l'indennità, con un massimo di 12 mensilità, sarà la regola e il reintegro avverrà solo nei casi di abusi da parte delle aziende». Misura che, combinata alla "buona flessibilità in entrata" determinata dai contratti di apprendistato e di quelli a termine, "farà in modo che nel breve periodo si possa assistere a un'inversione di rotta: se i lavoratori sanno che i licenziamenti non si trasformano automaticamente in reintegro lavoreranno meglio, se lavoreranno meglio le aziende guadagneranno di più e questo guadagno si trasformerà anche in un aumento salariale. Un sistema virtuoso che le imprese straniere non si lasceranno sfuggire».

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