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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2012 alle ore 10:51.

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I furbetti dei maxi condoni del 2002-2004 regalati da Berlusconi-Tremonti continuano a farla franca. Sarà infatti un'impresa pressoché impossibile riuscire a riscuotere i 5,2 miliardi (sui 26 miliardi totali attesi) che ancora mancavano all'appello dopo gli accertamenti di un anno fa. Di questa somma a fine 2011 il fisco è riuscito a incassare poco più di 1 miliardo, quindi con una pendenza ancora da riscuotere di 4,1 miliardi. Un vero e proprio fallimento e insieme un pericolo in più per la tenuta dei conti pubblici anche in proiezione del pareggio di bilancio, visto che la caccia agli evasori del condono un anno fa fu inserito di peso tra le misure della manovra estiva per far quadrare i conti.

A certificare il rischio concreto di un nuovo flop fiscale, ma anche le criticità dell'intera operazione, è la Corte dei conti che nel rapporto sul bilancio dello Stato nel 2011, appena consegnato alle Camere e al Governo, ha lanciato un nuovo allarme. Poche righe, ma nette e circostanziate espressamente dedicate nel capitolo sulle entrate della relazione. «I risultati finora conseguiti sono lontani dalle aspettative – afferma infatti la magistratura contabile – e inducono a valutazioni molto caute circa l'effettiva possibilità di recupero di ulteriori rilevanti quote dell'ammontare complessivo delle somme ancora dovute all'Erario».
Eppure, soprattutto dopo la manovra estiva del 2011 e la relativa indagine condotta da Equitalia fino a novembre scorso, il Fisco a questo punto dovrebbe conoscere per nome e cognome tutti i furbetti dei condoni che, dopo aver pagato la prima rata, si sono immediatamente dileguati lasciando dietro di sé un autentico buco di incassi. Sono stati identificati ben 63mila codici fiscali di contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo, all'integrativa semplice, al condono tombale, alla sanatoria delle scritture contabili e alla definizione delle liti pendenti. Nei loro confronti risultano ancora pendenti iscrizioni a ruolo che, al netto degli sgravi, valgono 1,9 miliardi. Di questi, il carico residuo indicato da Equitalia ammonta ancora a 1,58 miliardi.

Il che testimonia, afferma ancora la Corte dei conti, che le percentuali di riscossione sono ancora bassissime: appena il 16,6% sul carico netto, in lievissimo aumento rispetto al 15,7% registrato nel settembre dell'anno scorso all'indomani della manovra estiva. Gli stessi valori assoluti della riscossione testimoniano il passo da lumaca dei recuperi del Fisco nei confronti degli evasori: a marzo 2012 le riscossioni sono state appena pari a 14,7 milioni di euro. Le briciole, insomma.

Capitolo a parte riguarda gli omessi o insufficienti versamenti. Che poi è la parte preponderante (il 69%) delle rate del condono non versate, sulle quali non è scattato il monitoraggio secondo le nuove metodologie indicate dall'amministrazione finanziaria. Una partita che vale ben 2,94 miliardi di «carico residuo» indicati da Equitalia e riportati dalla relazione della Corte dei conti. Infine la parte Iva del condono: da gennaio, sottolinea la Corte dei conti, agenzia delle Entrate e Guardia di finanza possiedono gli elenchi dei contribuenti che hanno aderito al condono salvo poi essere chiamati a riversare l'Iva come chiesto dalla Ue.

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