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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2012 alle ore 06:37.

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Ma l'inchiesta scoprì anche altro: che molte grandi società, tra cui la Worldcom di Bernie Ebbers, "barattavano" con le stesse banche d'affari generosi contratti in cambio di rating compiacenti sui loro titoli. Se una banca consigliava ai clienti di comprare le azioni di una società, questa era insomma disposta poi ad assicurare alla stessa banca d'affari contratti d'oro di consulenza. Un "baratto" che in fondo ricorda, pur con altre dinamiche, quello più recente che ha assicurato a molte banche d'affari dei rating compiacenti quando emettevano le obbligazioni sui mutui Usa. Cambiano i tempi, cambiano le bolle speculative, ma non le manipolazioni. E neppure i soggetti. «Il volto inaccettabile del banking» resta sempre lì: in Borsa.
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Mercati manipolati: i casi del passato
LA BOLLA (E LA TRUFFA) DEL 2000
Lo scandalo delle Ipo gonfiate
Alla fine degli anni '90 la Sec (nella foto l'allora presidente Arthur Levitt) scopre i meccanismi poco ortodossi con cui molte banche d'affari assegnano le azioni in fase di collocamento in Borsa. Quelli sono gli anni del boom della Borsa, in cui gli investitori si strappano di mano le azioni che, molto spesso, volano già nel primo giorno di quotazione. Le autorità scoprono che le banche d'affari spesso assegnano più azioni in fase di Ipo (Initial public offering) agli investitori che pagano delle sovra-commissioni. Insomma: molte banche d'affari avrebbero privilegiato alcuni clienti in cambio di commissioni gonfiate. Molte banche hanno poi chiuso transazioni milionarie per chiudere il caso.
100 milioni
DERIVATI AMARI
La «Balena» di JP Morgan
È un trader di JP Morgan con ufficio a Londra e si chiama Bruno Iksil. È lui la «balena di Londra», cioè l'operatore che ha preso posizioni così consistenti sui credit-default swap da causare perdite stimate a 9 miliardi di dollari a JP Morgan. Le ultime rivelazioni fanno sospettare che a Iksil fosse stata data carta bianca dalla banca: la sua divisione, incaricata di operazioni di protezione dai rischi, si era trasformata in un centro di profitto. Cioè di aggressive operazioni di trading capaci di rapidi profitti come di improvvise perdite. La divisione aveva generato in tre anni più del 10% dei profitti della banca, oltre 5 miliardi su 48. Ora, però, le perdite potrebbero arrivare a 9 miliardi.
9 miliardi
RISCHI COPERTI, MA PER FINTA
Il trader ghanese
Ha aperto nei conti della banca svizzera Ubs una falla da 2,3 miliardi di dollari. Il trentunenne trader ghanese Kweku Adoboli (nella foto), giovane responsabile del desk Delta One, l'anno scorso è stato al centro di uno scandalo finanziario. Il trader operava sugli Etf, facendo finta di "coprire" il rischio delle proprie posizioni con operazioni di hedging che in realtà non venivano realizzate. In questo modo, quando nel management dell'istituto si era già piantato un forte dubbio, il trader aveva accumulato posizioni enormi. Sollecitato dai supervisor a dare spiegazioni, Adoboli è poi crollato aprendo la via all'inchiesta e all'arresto.

2,3 miliardi
INFORMAZIONI RISERVATE, GUADAGNI SICURI
L'insider trading di Galleon
«I suoi reati e la loro portata sono lo specchio di un virus nella nostra cultura di business che deve essere sradicato». Il giudice federale Richard Holwell ha commentato così, lo scorso ottobre, la sentenza che ha inflitto 11 anni di carcere all'ex supermanager dell'hedge fund Galleon, Raj Rajaratnam (nella foto).
Rajaratnam – fondatore nel 1997 di un fondo cresciuto fino a 7 miliardi di dollari che aveva sempre dato soddisfazioni ai suoi investitori – era stato riconosciuto colpevole a maggio di insider trading: il suo fondo investiva grazie alle "soffiate" di molti top manager di società quotate a Wall Street. E sfruttava informazioni riservate.
53 milioni

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