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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2012 alle ore 08:05.

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ROMA - Renato Balduzzi vorrebbe evitare chiusure «automatiche». Ma il ministro della Salute deve fare i conti col resto del Governo, dove più d'un collega vuole invece cancellarli da ottobre con un tratto di penna. Alla vigilia della spending review si apre lo scontro nel Governo sui mini ospedali. «Nessuna chiusura automatica di ospedali verrà imposta da Roma», ha fatto sapere ieri Balduzzi.

Ammettendo però che «è necessaria una riorganizzazione della rete ospedaliera che porti a una riduzione di costi di gestione e a una maggiore appropriatezza delle prestazioni». Ma aggiungendo, nel vertice con le Regioni, che «la mia posizione è diversa da quella di alcuni membri del Governo, la norma è ancora oggetto di discussione». E così fino all'ultimo oggi la chiusura dei mini-ospedali resterà nel mirino. A rischiare sono forse i 145 ospedali con meno di 80 posti letto, limite al ribasso cui ora si sta pensando rispetto ai 216 che ne hanno meno di 120.

In un lungo vertice svoltosi ieri sera al ministero della Salute, le Regioni hanno cercato di trattare e di trovare punti d'intesa con Balduzzi sul filo di lana del varo del decreto sulla spending review in Consiglio dei ministri. Un tentativo che dovrà fare i conti con l'Economia. Anche perché rimane la doccia fredda sui conti del Ssn in pesante ridimensionamento, come ha confermato Balduzzi e come Vasco Errani (Pd, Emilia Romagna), a nome di tutti i governatori, ha proposto di rivedere.

Il taglio previsto dal decreto sarà di 1 miliardo nei sei mesi che restano del 2012, poi di 2 miliardi nel 2013 e di altri 2 nel 2014 e negli anni a venire. Ben 5 miliardi fino al 2014. Come dire che, sommando gli 8 miliardi già in cantiere con la manovra estiva dell'anno scorso per il 2013-2014, la sanità pubblica perderà di qui al 2014 oltre 13 miliardi di euro. Inutile sarebbe stato il tentativo delle Regioni che hanno proposto a Balduzzi di rinviare al «Patto per la salute» di ottobre la decisione sul taglio di 2 miliardi dal 2013. «Ne parlerò col Governo», s'è limitato a rispondere con scarso ottimismo il ministro. «Così non va bene, i tagli lineari sono inaccettabili», ha replicato Errani.

Che il clima dei rapporti sulla sanità non sia dei più idilliaci, lo hanno fatto capire a chiare lettere tutte le Regioni. «Chi tocca il Servizio sanitario tocca i fili dell'alta tensione – ha messo in chiaro su Facebook il governatore toscano, Enrico Rossi (Pd) –. Se lo mettano bene in testa il presidente Monti e i suoi ministri. Si possono eliminare gli sprechi ma non i servizi, né i livelli di assistenza». Parole condivise dal governatore lombardo, Roberto Formigoni (Pdl): «No al taglio del fondo sanitario, tra l'altro a metà anno, che oggi comporterebbe il taglio dei servizi soprattutto ai meno abbienti». E dal governatore dell'Umbria, Catiuscia Marini (Pd), sempre su Facebook: «Tutti subiscono i tagli, stop». Il pericolo concreto è che tutte le Regioni da quest'anno possano finire sotto piano di rientro, il gradino che precede il commissariamento.

Anche per questo la tensione è destinata a salire di tono nella partita scottante dell'assistenza sanitaria. Con il Pd che per lunedì ha convocato un convegno al quale parteciperà il segretario Pier Luigi Bersani. Mentre i sindacati fanno sentire la loro voce, a partire dall'Anaao che tuona contro «l'incubo di una sanità soppressa». E il mondo delle imprese rimanda al mittente tutte le ipotesi di tagli nei loro confronti, da Farmindustria (si veda altro servizio a pag. 43) a Federfarma, da Assobiomedica ai privati accreditati.

Riduzione della spesa farmaceutica, stangata sulle industrie farmaceutiche e sulle farmacie anche col raddoppio dello sconto che devono praticare al Ssn, beni e servizi in cura dimagrante, tagli ai privati accreditati nella specialistica e nell'assistenza ospedaliera: questi, come anticipato ieri, i capitoli portanti della spending review per la spesa sanitaria che saranno limati fino allo sbarco del testo in Consiglio dei ministri.

E poi il nodo degli ospedali e dei posti letto, per i quali si prevede una riduzione di 15-18mila unità. Sugli ospedali, anche se la spuntasse Balduzzi che non vuole automatismi di chiusure decise «da Roma» e da applicare da fine ottobre, suona chiaro in ogni caso l'ammissione del ministro sulla necessità di riorganizzare l'intera rete ospedaliera per ridurre costi di gestione e garantire più appropriatezza delle prestazioni. I piccoli ospedali resterebbero in ogni caso nel mirino. Accorpamenti di strutture, ristrutturazioni, riconversioni e quant'altro sarebbero in ogni caso la strada da imboccare speditamente. Ma il condizionale sarà d'obbligo fino all'ultimo minuto del Consiglio dei ministri. Solo allora sapremo se la spunterà Balduzzi o i ministri rispetto ai quali il titolare della Salute ha ammesso di avere «una posizione diversa».

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