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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2012 alle ore 11:27.

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ROMA. Per gli «ulteriori» lavoratori in mobilità o in cassa integrazione da salvaguardare dalla riforma Fornero arriva la soluzione per decreto. Nelle bozza di cui Il Sole-24 Ore è venuto in possesso ieri vengono infatti fissati i criteri per garantire l'accesso alla pensione con le vecchie regole alla nuova platea di 55mila addetti che era stata indicata dal ministro del Lavoro il 19 giugno scorso alla Camera e che si aggiunge ai primi 65mila lavoratori già tutelati con un decreto ministeriale ad hoc.

Innanzitutto viene estesa la salvaguardia a tutti coloro che hanno stipulato in sede governativa un accordo per la mobilità o la cassa integrazione straordinaria entro il 31 dicembre anche se, alla data del 4 dicembre, l'ammortizzatore sociale non era stato attivato. Per loro viene assicurata anche la vecchia disciplina per la mobilità «con particolare riguardo al regime di durata». In pratica un'estensione dell'ammortizzatore fino allo scatto dei requisiti per il pensionamento. In questo primo blocco rientrano sicuramente una parte degli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese.

La seconda ciambella di salvataggio arriva ai lavoratori per i quali era stata autorizzata la prosecuzione volontaria di contribuzione e che maturano i requisiti per la pensione tra il 24° e il 36° mese dal varo del «Salva-Italia», vale a dire entro il 31 dicembre 2014. Tutelati, poi, anche i lavoratori che hanno fatto accordi individuali per l'uscita incentivata dall'azienda e che maturano i requisiti per la pensione entro lo stesso periodo (24-36 mesi da conteggiare partendo dal 1° gennaio). Nel decreto, inoltre, si conferma con il valore di norma primaria il contenuto del decreto ministeriale già firmato da Elsa Fornero e Mario Monti per la prima platea di salvaguardati (i 65mila individuati tra il varo della riforma e del "proroga termini" di gennaio), una mossa per evitare il potenziale contenzioso che quel testo rischia di scatenare, vista la griglia particolarmente stretta dei criteri fissati per il riconoscimento del diritto alla pensione. Per l'attivazione del nuovo paracadute per i 55mila il testo rimanda a un successivo decreto ministeriale da adottare entro 60 giorni dal varo del decreto e impone all'Inps un monitoraggio sulle domande di pensionamento che riceverà «sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro» rispettando il limite, appunto, delle ulteriori 55mila unità.

La nuova salvaguardia garantita a questa platea aggiuntiva di lavoratori aumenta la portata del provvedimento di spending review, come ha chiarito Mario Monti nell'incontro prima con le Regioni e gli enti locali e poi con le parti sociali. Nella bozza di testo non si trova un articolo di copertura ed è probabile che il riferimento finale sia alle economie complessive che possono derivare nei prossimi anni dall'insieme delle misure adottate sulla spesa. Anche perché, come aveva sottolineato lo stesso ministro Fornero, stiamo parlando di lavoratori che, maturando il requisito per la pensione entro la fine del periodo di mobilità, potranno incassare l'assegno Inps non prima dei prossimi tre o quattro anni.

Se il costo stimato per la salvaguardia dei primi 65mila lavoratori è di 5 miliardi nel periodo 2013-2019, non è difficile stimare in almeno altri 4 miliardi il costo di questa ulteriore misure (negli anni 2014-2020). Ma è il primo costo che il Governo ha dovuto pagare ai partiti della maggioranza che lo sostengono in cambio dell'approvazione in tempi rapidi della riforma del mercato del lavoro, arrivata proprio ieri in Gazzetta Ufficiale. L'altro impegno promesso dallo stesso Monti prima del vertice europeo riguarda, come si ricorderà, le «tempestive modifiche» di alcune norme sulla flessibilità in entrata e i contratti (chieste dal Pdl) e sui tempi di transizione al nuovo assetto degli ammortizzatori sociali (chieste invece dal Pd).

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