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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2012 alle ore 06:40.

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ROMA
Il Cda Rai si fa in meno di mezz'ora, alle dieci del mattino. Sono quattro i consiglieri di amministrazione nominati dal Pdl e dalla Lega, con cinque voti a testa: Antonio Verro, Guglielmo Rositani, Antonio Pilati e Luisa Todini. Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi hanno ottenuto i voti del Pd mentre Rodolfo De Laurentiis è il consigliere nominato dall'Udc. La nomina è stata ratificata nel pomeriggio dall'assemblea dei soci Rai. Si apre adesso la partita delle deleghe al presidente designato, Anna Maria Tarantola. Quest'ultima deve prima ottenere il parere favorevole dei due terzi della Vigilanza perché la sua nomina diventi efficace. In assemblea dei soci è stato ricordato il mandato dell'azionista affinché i consiglieri deleghino la nomina dei dirigenti non editoriali (la maggioranza) e la firma dei contratti sino a 10 milioni di euro al neo-presidente. Una delega prevista dall'attuale Statuto della Rai. Non si tratta di un obbligo, però, e sembra che vi sia qualche resistenza da parte di alcuni consiglieri a dare tali deleghe. In coerenza delle quali sarebbe prevista una riduzione dell'emolumento degli stessi consiglieri da 98mila a 66mila euro l'anno (dovrebbero frequentare molto meno Viale Mazzini rispetto al passato, ndr).
La polemica politica, intanto, non si placa. La sostituzione decisa dal presidente del Senato Renato Schifani, di un commissario del Pdl, Paolo Amato, che non si è mai dimesso, con uno di Coesione Nazionale, Pasquale Viespoli, ha portato al Pdl il quarto consigliere. È vero che in teoria, rispetto al consiglio uscente, potrebbe esserci una maggioranza di cinque a quattro che metta il blocco Pdl-Lega in minoranza, ma non appare di facile realizzazione, visto anche il profilo istituzionale del nuovo presidente. A fronte della richiesta dei gruppi parlamentari, Schifani ha riferito al Senato sulla contestata sostituzione di Amato con Viespoli. «Ogni seduta della Vigilanza, anche se convocata come seggio elettorale, è in sé compiuta. Il presidente ha dichiarato tolta la seduta e non sospesa. Si è trattato di quattro distinte sedute e non di un unico seggio elettorale». E se l'atto formale di nomina è del presidente del Senato, esso avviene «sempre su designazione dei capogruppo».
Chiarimenti che non hanno soddisfatto i partiti dell'ex opposizione. «Schifani ha citato alcune norme – spiega Luigi Zanda, Pd – e ne ha omesse altre. Ha omesso di ricordare che il Regolamento della Vigilanza dispone la sostituzione dei suoi membri solo in caso di dimissioni, di incarico di governo o di cessazione del mandato elettorale. Nel caso del senatore Amato nessuna di queste circostanze si è verificata».
È proseguita anche la polemica a distanza tra i due presidenti delle Camere. Secondo Gianfranco Fini «può capitare anche all'arbitro più imparziale di fischiare un rigore inesistente per far vincere la sua squadra del cuore: è accaduto». Secondo Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, «c'è una buona notizia e una cattiva: la buona è che abbiamo un Cda. La cattiva è che è stata scritta una brutta pagina nella vita delle istituzioni con delle forzature inaccettabili». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha incontrato le associazioni che hanno espresso i due consiglieri votati dal Pd: «Questo meccanismo di governance della Rai – ha detto – non può più funzionare. Abbiamo votato gli esponenti espressi dalla società civile, ma questa legge va cambiata. Se non ci riusciamo ora, lo faremo nella prossima legislatura con un cambiamento radicale. Il tema della posizione dominante e del conflitto d'interesse nella comunicazione è vivo e operante: è indubitabile».
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