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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2012 alle ore 22:35.

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Andy Murray (Afp)Andy Murray (Afp)

Andy Murray ce l'ha fatta. Ci sono voluti la bellezza di 74 anni perché il tempio del tennis riaprisse le sue porte, in finale, ad un suddito di Sua Maestà. Correva l'anno 1938, infatti, quando Bunny Austin arrivò a giocarsi il titolo con l'americano Don Budge. In quell'occasione, il britannico rimediò la miseria di 4 game contro uno degli unici due campioni della storia in grado di realizzare il Grande Slam. Un paio d' anni prima Fred Perry, a molti noto ormai più per le magliette che per le notevoli imprese tennistiche, era stato l'ultimo britannico a conquistare un major, non prima, però, di aver sollevato l'ambito trofeo anche sui prati di casa.

Con una vittoria sofferta sul francese Tsonga, Andy Murray rompe, dunque, un tabù e scaccia il fantasma delle quattro semifinali perse da Henman. Di "Gentleman Tim", lo scozzese (in questo momento acclamato come inglese a furor di popolo) non possiede certo i modi signorili o la classe nel gioco al volo. Tuttavia, il 25enne di Dunblane sopravanza, certamente, il suo recente predecessore in quanto a cattiveria, intesa come dote agonistica, e a solidità di gioco.

Con questo bagaglio tecnico e caratteriale nonché con quello ben più ingombrante di un'intera nazione che lo vuole vincitore a tutti i costi, Andy si presenterà in campo domenica a giocare con uno dei più grandi giardinieri di sempre ma, soprattutto, con la storia. Tale soverchiante responsabilità, con la complicità di un certo Nadal che lo ha sempre preso a pallate a Wimbledon, gli aveva fino ad oggi sbarrato la strada verso la gloria. Ma quest'anno, la provvidenziale uscita di scena del maiorchino, come gli afecionados britannici avevano subito intuito, ha propiziato l'avanzata dell'idolo di casa.

E il pubblico più che sostenerlo lo ha letteralmente sospinto fin qui, riempiendo il campo centrale e assiepandosi su quella che oggi più che mai possiamo chiamare "Murray Mountain" a seguirne le imprese sul maxischermo. Sono arrivati, i suoi connazionali, a perdere gran parte del leggendario aplomb fino ad applaudire, vergognosamente, gli errori dei suoi ultimi avversari non meno dei vincenti di Andy. Allo scozzese, comunque, va dato atto di aver portato a casa la semifinale mettendo in mostra un ottimo tennis, tale da consentirgli di chiudere per 6/3, 6/4, 3/6, 7/5 con un bilancio di 40 vincenti e di appena 12 errori. Una partita giocata con intelligenza, insistendo sul rovescio di Tsonga, vero punto debole dell'avversario e riuscendo, in fase conclusiva, a contenere una rimonta che, se prolungata fino al quinto set, poteva diventare pericolosissima per Andy.

In finale, questo Murray in versione Braveheart dovrà vedersela con un redivivo Roger Federer. Il Giardiniere Supremo, alla ricerca del settimo sigillo a Wimbledon, che contro il campione uscente Novak Djokovic, oggi, ha dimostrato di essere ancora un fenomeno, soprattutto sull'amata erba inglese. L'elvetico è alla sua 24esima finale in uno Slam, all'ottava ai Championships.

È vero che, per arrivare fin qui, ha dovuto faticare ben più del previsto, ma solo fino ai quarti. Poi, ha letteralmente tritato il povero Youzhny e ha inflitto una sconfitta piuttosto netta anche a Nole. Quello stesso Djokovic con il quale Roger aveva perso in 6 delle ultime 7 occasioni. Ma, oggi, con il centre court in versione indoor, l'elvetico è partito subito alla grande con un primo set perfetto, chiuso in appena 24 minuti per 6/3. La risposta dello slavo, tuttavia, non si è fatta attendere: in un tempo più lungo di appena 4 minuti, ha restituito il favore allo svizzero con il medesimo punteggio. La partita è, quindi, proseguita sul filo della parità per quasi tutta la terza frazione, tanto che sul 4/3 per Roger si potevano contare esattamente 69 punti messi a segno per parte. Ma sul 5/4 per Federer due smash hanno improvvisamente cambiato il corso dell'incontro. Il primo, sbagliato malamente da Djokovic, ne ha segnato l'inizio del declino, il secondo, giocato invece alla perfezione dallo svizzero, gli è valso il set.

La quarta frazione, poi, è stata quasi un assolo del fuoriclasse di Basilea, oggi apparso in forma spettacolare, proprio come nei giorni migliori. Un Novak ormai sfiduciato e in affanno ha provato, inutilmente, ad accorciare le distanze ma, alla fine, si è dovuto arrendere per 6/3, 3/6, 6/4, 6/3 a un Federer che il pubblico ha tifato quasi come se fosse anche lui un inglese. Contro un Murray che insegue la storia, Roger giocherà domenica per eguagliare il record di Sampras in quanto a titoli di Wimbledon e per superarne il primato di 285 settimane in testa alla classifica, dato che in caso di vittoria tornerebbe al primo posto del ranking. Andy, dal canto suo, può vantare 8 vittorie contro 7 sconfitte nei precedenti con l'elvetico né gli verrà meno il prezioso aiuto di Ivan Lendl. Anche se, forse, l'ex-numero uno non è proprio la persona più adatta per aiutare qualcuno a vincere a Londra…

Una cosa, però, è certa. Comunque vada a finire, il primo scontro Murray-Federer sull'erba sarà una sfida di portata storica.

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