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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2012 alle ore 08:15.

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ROMA
Il nodo principale (leggi ricostituzione della "vecchia" maggioranza) resta per ora in stand-by. «La questione delle alleanze è l'ultimo dei miei pensieri». Più o meno la versione di Alfano arrivata, due giorni orsono, dalle Governiadi. «Il rapporto con la Lega si può ricostruire, ma ogni discussione è prematura». Perché, per il momento, Roberto Maroni, nuovo segretario del Carroccio dopo il terremoto giudiziario che ha investito la famiglia del Senatur, ha in testa ben altro. Punta a ricostruire una forza sfilacciata sebbene quel 6,5% consegnato dai sondaggi (copyright "Porta a Porta") sia visto come un bicchiere mezzo pieno («siamo in crescita», prova a rassicurare l'ex ministro dell'Interno). Ma soprattutto lancia, nella sua prima conferenza stampa da numero uno del Carroccio, il cambio di pelle con cui spera di risalire la china.
Così, davanti ai giornalisti che si affollano a Via Bellerio nel salone delle conferenze dominato dall'immagine di Alberto da Giussano, un Maroni emozionato pianta subito precisi paletti guardando agli ex compagni di viaggio del Pdl. «I nostri alleati - dice - si devono convincere che sono lì a governare le Regioni non per occupare posti di potere, ma per risolvere la questione settentrionale». Il bersaglio è chiaro, Roberto Formigoni è avvisato: per ora le alleanze non saranno stravolte, ma la Lega ha già messo la sua ipoteca sulla «guida della Lombardia». Con l'obiettivo di creare «la grande regione del Nord» per arrivare «a dettare legge a Roma e a Bruxelles». Il perché, nei piani del Carroccio tornato di lotta, è evidente. «Prima viene il nord - spiega Maroni rinviando allo slogan che campeggia nella sala - vuol dire riunire le regioni del Nord dove la Lega governa per dare una risposta concreta agli esodati, con un intervento di sostegno al reddito che questo governo ha messo in mezzo alla strada». Piemonte e Veneto sono già "padane", manca solo la Lombardia a dimostrazione che il sostegno al governatore pidiellino è ormai a tempo. Il Carroccio vuole anche quella poltrona, cruciale nella strategia maroniana. «Voglio riportare qui il cervello, la mente pensante della Lega».
Che riparte, come detto, da un restyling profondo dell'organizzazione. Via libera dunque a tre nuovi vice, secondo un perfetto equilibrio geografico: Giacomo Stucchi, bergamasco, a capo dell'ufficio politico; Federico Caner, trevigiano, che si occuperà di formare la nuova classe dirigente leghista; Elena Maccanti, torinese, cui sarà affidato il coordinamento degli enti locali. Ma i nuovi incarichi non finiscono qui. Per rimarcare la svolta, Maroni è deciso anche a modificare l'assetto comunicativo della Lega. Così affida a Davide Caparini il compito di riorganizzare la macchina: cambio quindi del sito che diventerà un portale, su cui si integreranno il quotidiano La Padania, Radio Padania e anche Telepadania. Senza dimenticare Twitter e Facebook, che lui stesso mostra di gradire parecchio.
Insomma, rispetto al Carroccio del Senatur, sono tante le novità. Ma guai a dare l'idea di voler rinnegare il passato. Ecco allora spuntare un incarico per Roberto Calderoli (responsabile federale dell'organizzazione dei territori), ma soprattutto la precisazione circa la scomparsa della foto di Bossi dal sito leghista. «Solo una questione tecnica, non politica», taglia corto il segretario. «È il presidente della Lega ed è l'unico con il nome scritto nello Statuto». E poi il nodo Pontida. «È la nostra identità, non sarà mai cancellata. Lunedì (al consiglio federale, ndr) decideremo la data». Quindi spazio al territorio e all'autonomia decisionale dei segretari federali. «Darò loro ampia delega senza intromettermi nel loro lavoro, ponendo loro obiettivi e chiedendo di conseguirli». Il "cerchio magico" e il culto del capo sono già preistoria.
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