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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2012 alle ore 15:08.

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ROMA - Nella caccia al "tesorO" di Vito Ciancimino, l'ex sindaco mafioso di Palermo, spuntano 12 milioni di dollari depositati in Svizzera. A scovarli è stata la guardia di finanza impegnata da mesi a ricostruire l'ingente patrimonio di Don Vito, morto dieci anni fa, frutto degli affari condotti negli anni Ottanta, ai tempi del «sacco» di Palermo, colate di cemento sulla Conca d'oro gestite da Cosa nostra.

Per gli investigatori, il denaro ritrovato nel paese elvetico sarebbe nelle disponibilità di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco, e già condannato per riciclaggio. Ma si tratterebbe soltanto della punta dell'iceberg, gli inquirenti concentrano le indagini soprattutto sulla Romania, dove Ciancimino jr avrebbe investito milioni di euro in società attive nella gestione del ciclo dei rifiuti.

Dopo l'informativa dei finanzieri, la Procura di Palermo ha disposto la rogatoria con lo scopo di sequestrare e poi confiscare il denaro. Gli inquirenti stanno appurando se Massimo Ciancimino abbia riattivato i vecchi conti o se abbia scelto altri canali per utilizzare i soldi.
Già condannato a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni per riciclaggio dei beni del padre, Ciancimino junior è anche accusato di calunnia, detenzione di esplosivi ed è indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, di cui è comunque uno dei principali testimoni.

«Qualunque somma si dovesse trovare in Svizzera, Romania e in qualunque altro posto che sia riconducibile a me la darò in beneficenza alle popolazioni dell'Emilia Romagna colpite dal terremoto e alle famiglie delle vittime della mafia», taglia corto Ciancimino, irritato per quella che definisce «una fuga di notizie». Quindi attacca: «Se nasconde il tentativo da parte di qualche Procura o della Finanza di condizionare le mie dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa, qualcuno ha fatto male i conti». E parla di «saga della caccia al tesoro» che «non smette di avere spazio sulle cronache».

Nei mesi scorsi, il gip Piergiorgio Morosi aveva ordinato alla Procura di approfondire alcuni episodi di riciclaggio su presunti affari che Ciancimino jr avrebbe condotto in Romania avvalendosi di prestanome.
In particolare, le indagini si sono concentrate sulla discarica di Gline, a Bucarest, un business stimato in 300 milioni. Si tratta di individuare i soci occulti e le loro relazioni con il figlio di don Vito.

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