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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2012 alle ore 08:13.

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La decisione era attesa già da qualche settimana. Al ritorno da Bruxelles, Mario Monti ha rotto gli indugi. In mattinata l'annuncio della nomina di Vittorio Grilli a ministro dell'Economia e della contestuale costituzione del «Comitato per la politica economica» presieduto dallo stesso presidente del Consiglio. Nel pomeriggio alle 16,30 Grilli è salito al Quirinale accompagnato da Monti e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, per prestare la rituale formula di giuramento. Cerimonia alla quale hanno assistito la moglie di Grilli e tre dei loro quattro figli. Tra i primi a esprimere stima e a congratularsi per la nomina, l'ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il vice presidente della Commissione europea, Olli Rehn («Grilli ha un ruolo chiave nella crisi dell'eurozona»). Dopo il giuramento, passaggio di consegne all'Economia tra Monti e Grilli.

Ha termine così un interim nato dall'insediamento del Governo. Ora tocca all'ex direttore generale del Tesoro, prima con Tommaso Padoa-Schioppa poi con Giulio Tremonti, assumere in prima persona l'onere della guida del più importante dicastero del governo. Al suo fianco il direttore generale Vincenzo La Via, il ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, il capo di gabinetto Vincenzo Fortunato oltre all'intera struttura di vertice di Via XX Settembre. Una lunga esperienza, la sua, al ministero dell'Economia, maturata sul campo nella messa a punto di tutti i provvedimenti di politica economica varati dal governo, dal decreto «salva-Italia» alle liberalizzazioni, per finire con la «spending review».

Grilli può far leva sul suo indiscusso standing internazionale. Ha presieduto il Comitato economico e finanziario dell'Unione europea, l'organismo cui spetta di promuovere il coordinamento delle politiche economiche, ed ha preso parte attiva ai più rilevanti dossier europei, dalla definizione del «semestre europeo» alla messa a punto del «Fiscal compact», fino alle trattative per costituzione del fondo salva-Stati e ora nelle ultimissime settimane alla definizione della complessa trattativa sul piano per la crescita da 120 miliardi, sul piano di salvataggio delle banche spagnole e soprattutto sui termini dell'intesa relativa allo scudo antispread.

Considerato un «Ciampi-boy», dalla forte caratura tecnica e indiscussa competenza, Grilli aveva assunto l'incarico di direttore generale del Tesoro nel 2005. Alla poltrona lasciata libera da Domenico Siniscalco era giunto direttamente dalla Ragioneria generale dello Stato, che aveva guidato per tre anni. Una carriera in Via XX Settembre, dove dal 1994 al 2000 era stato Capo della Direzione analisi economico-finanziaria e privatizzazioni. In precedenza aveva ottenuto la cattedra Woolwich di Economia Finanziaria al Birbeck College a Londra e, sempre nella capitale britannica, era stato membro del Cepr di Londra e del National Bureau of Economic Research negli Stati Uniti. È stato inoltre «Woolwich Professor of Financial Economics» al Birkbeck College e professore al Dipartimento di Economia della Yale University.

In continuità con Monti, Grilli sostiene l'assoluta necessità di coniugare il rigore nella gestione della finanza pubblica con le fondamentali azioni per sostenere la crescita. Ha seguito con particolare attenzione il varo del «decreto sviluppo», lo scorso 15 giugno. Si tratta - va ripetendo - di un «cambio di passo fondamentale nell'azione di governo. Abbiamo cominciato a riscrivere il perimetro della Pa, con l'obiettivo di invertire la rotta dalla fase emergenziale in cui abbiamo dovuto aumentare le imposte alla fase strutturale in cui riduciamo la macchina amministrativa a 360 gradi creando gli spazi necessari per ridurre la pressione fiscale». Operazione che ora dovrebbe completarsi con la spending review.

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