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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2012 alle ore 08:15.

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L'approvazione del decreto legge sugli aiuti alle aree terremotate dell'Emilia rappresenta la prima tappa per far fronte ai problemi della ripresa sociale ed economica dei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio. Un fondo da 2,5 miliardi, fino al 2014, per la ricostruzione non è il massimo che ci si poteva aspettare, a meno che non lo si consideri un passo per avviare un percorso virtuoso che - per tempestività ed efficacia - allontani subito l'ombra della "deriva" abruzzese. A ben vedere, però, le buone notizie del decreto votato ieri dalla Camera - e certamente ce ne sono - finiscono per essere oscurate da ciò che nel decreto manca oppure non rappresenta affatto quello che cittadini e operatori attendevano.

E, a dirla tutta, stupisce non poco che né Governo né Parlamento abbiano saputo cogliere, se non in parte, le esigenze e le specificità di un territorio ad altissimo valore produttivo - sono oltre 20mila le imprese dell'area di cui 5mila colpite dal sisma, con perdite stimate per oltre due miliardi - dal quale, ricordiamolo, arriva l'1,9% del Pil italiano, con una quota di export pari al 2% del totale nazionale. Restano, così, senza risposta (o in attesa urgente di risposte) alcuni problemi cruciali per non intralciare un percorso di rinascita che non si annuncia proprio in discesa.

Si pensi alla questione delle scadenze fiscali: il decreto legge amplia il periodo di sospensione degli adempimenti e dei versamenti fino al 30 novembre (nel testo base era il 30 settembre). Ma come è possibile pensare che, in meno di sei mesi, le aziende possano riprendere il calendario ordinario, per di più con l'aggiunta degli "arretrati"? Gli operatori, imprese in testa, non a caso chiedevano un periodo di sospensione più lungo, fino al giugno 2013. Nessuno li ha ascoltati.
Senza dire poi della questione, delicatissima, del versamento delle ritenute e dei contributi: qui siamo al paradosso, perché - a causa del solito cavillo normativo e di due provvedimenti che parlano lingue diverse - ancora oggi non si capisce se la sospensione dei versamenti riguardi anche queste voci (come sarebbe logico attendersi) oppure se le escluda, chiamando così alla cassa i sostituti di imposta (vale a dire, le imprese) già lunedì 16 luglio per versare ritenute Irpef e contributi previdenziali.

Le perle, comunque, non finiscono qui: si è più volte detto dei dubbi legati al rinvio della presentazione del modello 730 e lo stesso vale ora anche per il 770, sempre per i sostituti di imposta, la cui scadenza "ordinaria" è proprio a fine mese. Anche qui si attendono chiarimenti urgenti.
Un territorio che - come ha spesso ricordato il presidente di Confindustria Emilia-Romagna, Maurizio Marchesini - garantisce al Fisco un gettito quantificabile in oltre 6 miliardi all'anno, si sarebbe meritato qualche segnale di attenzione in più. Resta invece senza seguito anche la richiesta delle imprese di poter contare su una detrazione Ires del 50% delle spese di ricostruzione e messa in sicurezza degli edifici industriali. Non serve molto per capire che, dovendo sostenere queste spese "irrinunciabili", le imprese pagheranno un prezzo elevatissimo, anche in termini di perdita di competitività. Una scelta non proprio lungimirante: per salvare qualche milione di entrate, si rischia di mettere in fuori gioco il sistema-imprese.

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