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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2012 alle ore 06:37.

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MILANO
Al suo arrivo a Siena, da neo presidente del Monte dei Paschi, a fine maggio Alessandro Profumo ha prontamente annunciato la sua rinuncia al compenso annuo da 500mila euro, mentre il cda si è ridotto gli emolumenti del 20%. Un mese dopo, all'assemblea di Intesa Sanpaolo, i presidenti del Consiglio di sorveglianza e di gestione, Giovanni Bazoli e Andrea Beltratti, hanno comunicato ai soci la decisione di ridursi di un terzo il proprio stipendio, una scelta sposata poche settimane dopo da tutti i componenti della Sorveglianza. Dalle parti di Piazza Cordusio, invece, l'anno scorso sono stati azzerati i bonus dei primi otto top manager, mentre a quelli dei primi 120 senior si è applicata una sforbiciata del 60 per cento.
La cronaca degli ultimi mesi dice che sul fronte dei compensi nelle banche qualcosa si sta muovendo. Ancora troppo poco, però, per il Governatore della Banca d'Italia: sulla riduzione di stipendi e bonus ai manager si può, e si deve, fare di più. Ieri Ignazio Visco è tornato a battere su un tasto che gli è particolarmente caro davanti all'assemblea dell'Abi, cioè davanti a chi dovrebbe non solo recepire ma anche attuare un messaggio che da Palazzo Koch (e non solo) arriva ormai insistentemente. «Il contenimento non è ancora sufficientemente diffuso tra i gruppi bancari quotati di medie dimensioni, né ha riguardato tutte le figure apicali», ha stigmatizzato ieri Visco. Non solo: «La Banca d'Italia – ha rimarcato – si attende che gli istituti ridimensionino anche l'entità delle buonuscite: trattamenti troppo generosi pongono vincoli alla prudente gestione e al corretto funzionamento dei meccanismi di governance».
Il problema, d'altronde, esiste. Nonostante le dichiarazioni e i segnali di discontinuità delle ultime settimane di cui si diceva, i dati raccontano di un trend che fatica a invertirsi. A tenere i conti è l'ufficio studi della Uilca, la sigla dei bancari Uil: nel 2011, ha calcolato, le retribuzioni dei ceo di 11 tra le principali banche italiane sono cresciute del 36,2% sul 2010, salendo da 19,1 a 26,06 milioni; a incidere pesantemente sono stati i 9,7 milioni di indennità di fine rapporto percepiti da quattro supermanager usciti nel corso dell'anno, ma – trattandosi di trattamenti previsti – il dato può considerarsi fedele. Risultato: l'anno scorso il rapporto tra compenso percepito dai consiglieri delegati e salario medio dei lavoratori delle stesse banche è salito da 62 a 85; in pratica, per ogni mille euro incassati da un impiegato, il ceo ne ha guadagnati 85mila.
Niente di strano, dunque, se Bankitalia continua a tenere accesi i riflettori. Anche perché, come ha sottolineato ieri il governatore, dentro alla busta paga dei super manager continua a essere preponderante la parte fissa del compenso, in gran parte svincolato dai risultati conseguiti. Già «con la comunicazione indirizzata alle banche il 2 marzo scorso è stata ribadita, nell'attuale fase congiunturale, l'esigenza di allineare gli incentivi retributivi degli amministratori e dei manager ai rischi assunti, di renderli coerenti con una politica di rafforzamento patrimoniale e di contenimento dei costi», ha ricordato ancora Visco. Ma qui la strada è ancora lunga, soprattutto là dove c'è da parametrare stipendi e rischi: dati alla mano, dei 26,06 milioni percepiti l'anno scorso, oltre 23 erano ascrivibili al trattamento fisso e appena 1,29 milioni sono stati qualificati come bonus. «Sarebbe senz'altro opportuno che la parte fissa venisse contenuta», osserva dall'Ufficio studi Uilca Roberto Telatin, perché se è vero che l'immagine del bonus richiama stagioni di vacche grasse ormai lontane, di fatto resta l'unico modo per agganciare la retribuzione alla situazione reale della banca, di cui il manager è primo responsabile.
Infine, il nodo-governance. La struttura delle banche, spesso così complessa da risultare bizantina, non aiuta: sempre Bankitalia, in tempi recenti, ha calcolato che i primi 10 gruppi contano complessivamente 1.136 cariche, escludendo le società estere, di cui oltre 700 per le sole banche controllate. Più è tentacolare la struttura più aumentano le cariche, e con esse i gettoni: al netto di presidenti e ceo, l'anno scorso Intesa ha versato 7,8 milioni a consiglieri e sindaci, Ubi 5,3 milioni, Banco Popolare 4,6 e UniCredit 4,3; in totale, le 11 banche censite dalla Uilca nel 2011 hanno versato quasi 34 milioni, 700mila euro in più del 2010. Davvero l'ottimizzazione che chiede Visco è un traguardo ancora lontano.
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