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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2012 alle ore 17:23.

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Di rinvio in rinvio il tribunale di primo grado dello stato indiano del Kerala darà forse inizio il 17 luglio al processo a carico dei due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone accusati della morte di due pescatori indiani imbarcati sul peschereccio Saint Antony avvenuta il 15 febbraio. Nel frattempo alcuni elementi di prova in grado di dimostrare l'innocenza dei nostri militari scompaiono o vengono compromessi o forse sarebbe meglio dire si "inabissano" come lo stesso peschereccio Saint Antony affondato dopo essere stato posto in disarmo dal suo proprietario Freddy Bosco. La vicenda è stata raccontata dall'inviato del Quotidiano Nazionale Lorenzo Bianchi, uno dei reporter italiani che meglio ha seguito la vicenda realizzando diversi scoop sull'argomento.

Bosco aveva incassato 30 mila euro dall'Italia a titolo di risarcimento dei danni subiti e il 10 maggio aveva ottenuto il dissequestro del peschereccio dal tribunale di Kollam adducendo la motivazione che quella barca era il suo unico mezzo di sostentamento. Alla stampa però dichiarò che dopo quanto era successo il 15 febbraio nessuno avrebbe voluto imbarcarvisi. Infatti Bosco tolse all'imbarcazione eliche, motori e attrezzature lasciando ormeggiato nel porto di Neendakara il solo scafo in legno peraltro in pessime condizioni. Il Saint Antony era già semiaffondato a inizio giugno e il 23 dello stesso mese venne portato in secco da una squadra di 12 portuali di Kavanad munita di carrucole e di funi e pagata da Bosco 600 euro, come rivela il Quotidiano Nazionale.

Tutti gli elementi di rilievo ai fini processuali rischiano però di risultare compromessi. I residui di polvere da sparo nei fori dei proiettili sono stati "lavati" e la salsedine erode anche i fori provocati dai colpi di armi automatiche lasciando come unici elementi a disposizione i rilievi effettuati dalla polizia del Kerala oggetto di polemiche fin dall'inizio della vicenda. Vale la pena ricordare che l'autore dell'autopsia sui cadaveri dei due pescatori, il professor Sasikala, confermò il 16 febbraio di aver trovato i resti di proiettili calibro 7,62 non in uso ai militari italiani imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie. Il calibro venne poi "corretto" nella perizio balistica attribuendo i morti ad armi da 5,56 millimetri compatibili con i fucili Beretta Sc 70/90 dei fucilieri e contemporaneamente il professor Sasikala non venne più autorizzato a rilasciare dichiarazioni ai media.

Inoltre i rilievi sulle traiettorie dei proiettili che colpirono il Saint Antony mostrarono chiaramente che le raffiche vennero sparate orizzontalmente, quindi da un'imbarcazione alta dal livello del mare circa quanto il Saint Antony (forse una motovedetta dello Sri Lanka), non dall'alto verso il basso come avrebbero dovuto essere se sparati dalle murate di una grande petroliera. Il sospetto che l'affondamento del Saint Antony non sia stato casuale è quindi legittimo soprattutto se si tiene conto che anche le testimonianze di Bosco e del suo equipaggio sono cambiate almeno tre volte dopo il 15 febbraio.

Inoltre, a mettere in dubbio la buona fede delle autorità indiane contribuisce ora un nuovo dettaglio. Una lista di documenti firmata dal "Circle inspector of police" della stazione di polizia costiera di Neendakara accenna all'esistenza di un apparato Gps sul peschereccio colpito del quale nessuno aveva mai parlato prima. Uno strumento che avrebbe potuto chiarire fin da subito la posizione dell'imbarcazione sgomberando il campo dal dubbio fondato che il Saint Antony si trovasse in realtà molto più a sud di quanto dichiarato e non abbia mai incontrato la petroliera Enrica Lexie. Occorrerà ora vedere quanto peso vorrà dare l'Italia a questi elementi nell'ambito del processo il cui ultimo rinvio, datato 10 luglio, è stato giustificato con la necessità della difesa di disporre della traduzione ufficiale degli atti processuali dall'inglese all'italiano e viceversa. Nella precedente udienza del 18 giugno, il team legale italiano aveva presentato una lista di quattro interpreti tra i quali alcuni preti cattolici, che dovranno assistere i due marò durante l'intero dibattito processuale.

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