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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2012 alle ore 08:12.

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ROMA
«Sulle primarie ho detto: saranno aperte, e quella del segretario non è una candidatura esclusiva. Ma ho anche detto che le primarie non le faremo da soli e dunque i tempi e i modi non li decidiamo da soli. Le primarie non possiamo convocarle adesso, o ce le facciamo tra di noi, facciamo le primarie del Pd? Lasciatemelo dire con chiarezza: non si parlerà di Pd, non sarà un congresso del Pd». E ancora: «Il Paese non è fatto delle beghe nostre».
Alla fine Pier Luigi Bersani si accalora e mette i puntini sulle i dopo che in sala è scoppiato il caos su due questioni: le primarie e i matrimoni gay. Un'assemblea nazionale trascorsa tranquillamente, con la relazione del segretario approvata praticamente all'unanimità, fino al momento finale della votazione sugli ordini del giorno. Con tanto di contestazioni e urla in sala. Nella sua relazione Bersani aveva ribadito l'impegno a fare le primarie «entro la fine dell'anno» ma senza fissare una data e rimandando la questione della regole a settembre. Ma aveva anche fatto capire, pur senza dirlo chiaramente, che le primarie dovranno essere di coalizione o non saranno. Nessuna conta interna con Matteo Renzi, insomma, nessun congresso di partito alla vigilia di elezioni date per vinte («ora tocca a noi», è stato lo slogan più ripetuto). Puzza di bruciato per Matteo Renzi e i giovani di Giuseppe Civati, così come per il prodiano doc e bastian contrario Arturo Parisi e alcuni veltroniani. Si mormora che Bersani ha di fatto affossato le primarie, che non si faranno. Da qui la presentazione di tre ordini del giorno da parte di Civati (Renzi non fa parte dell'assemblea nazionale), Paolo Gozzi e Salvatore Vassallo il cui fine principale è quello di fissare la data per la scelta popolare del candidato premier. Ordini del giorno respinti con la motivazione che l'argomento era già stato affrontato dalla relazione del segretario approvata a stragrande maggioranza. Chiosa Renzi: «Noi non faremo passi indietro come Alfano con il suo capo. Noi ci saremo».
Stesso film sulle nozze gay. Poco prima l'assemblea aveva votato (38 contrari) un documento della presidenza messo a punto dalla Commissione diritti sul riconoscimento delle coppie di fatto con il meccanismo dei Dico. Da qui l'ordine del giorno di Paola Concia e Ivan Scalfarotto per integrare il documento approvato con la previsione di veri e propri matrimoni tra persone dello stesso sesso. Anche in questo caso, ordine del giorno ritenuto «precluso» dalla presidenza con la motivazione che l'argomento era già contenuto nel documento appena approvato sui Dico.
Insomma, un finale senza voto e con bagarre per un'assemblea nazionale che per il resto non ha prodotto molte novità. Quella che un mese fa era stata pensata come l'occasione per annunciare l'accordo sulla legge elettorale e di conseguenza per fissare le regole per le primarie di coalizione si è rivelata una spina nel fianco di Bersani. Che della polemica sulle nozze gay, con tanto di riconsegna delle tessere da parte di alcuni delegati indignati, non ne sentiva certo il bisogno. Il fatto è che Bersani non ha potuto annunciare nessuna novità sulla legge elettorale. E il quadro delle future alleanze, legato anche al sistema di voto, è più confuso che mai. «Alleanza tra progressisti e moderati», ha ripetuto il segretario pensando da una parte a Sel (non a Di Pietro) e dall'altra ai centristi dell'Udc. Ma la situazione è ancora troppo fluida, compresa la questione dell'«agghiacciante ritorno» di Silvio Berlusconi. E sulla riforma del Porcellum nessun annuncio, ma solo la ripetizione dei paletti (si veda l'articolo in basso): scelta diretta degli eletti attraverso il sistema dei collegi e premio di governabilità «a chi arriva primo, sia nella forma di una lista singola sia nella forma di liste collegate». La questione alleanze-legge elettorale-eventuali primarie è di fatto rimandata all'autunno, quando il quadro sarà più chiaro. Quanto alla questione della continuità con Monti, Bersani ha ribadito sì al rigore dei conti con più attenzione al sociale e ai temi del lavoro. Nella carta di intenti che ieri si è cominciata a delineare ricorrono spesso le parole «uguaglianza» e «solidarietà». Continuità con Monti, ma con la propria identità. Massimo d'Alema ha chiarito: «Oltre Monti su solidarietà e giustizia sociale ma con Monti sul rigore e il risanamento dei conti pubblici avviato in questi mesi».
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I NODI DEL PD

Lo scontro sulle primarie
Il segretario del Pd Pierluigi Bersani annuncia all'assemblea nazionale del partito che le primarie ci saranno entro l'anno, saranno aperte e non ci sarà un unico candidato. Non sono messi in votazione gli ordini del giorno di Civati, Gozzi e Vassallo, con cui si chiedeva una data certa per le primarie. Bersani ritorna sul tema per ribadire che le primarie non si fanno da soli ma con gli alleati e perciò il Pd non può deciderne da solo la data
Partito diviso sui matrimoni gay
La presidente dell'assemblea, Rosy Bindi, decide di non far votare un ordine del giorno, firmato da Paola Concia, Ignazio Marino e Barbara Pollastrini, sui matrimoni omosessuali perché precluso da un documento messo a punto dalla commissione per i diritti del Pd, che prevede solo il riconoscimento giuridico delle unioni civili gay. Documento che l'ala più laica del partito voleva integrare con i matrimoni gay

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