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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2012 alle ore 08:08.

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Vertice di un'ora ieri al Colle tra il premier e il Capo dello Stato sulle prossime urgenze. L'appuntamento è servito a Mario Monti per informare Giorgio Napolitano sulle imminenti scadenze, sia nazionali che internazionali, che riguardano l'Italia. A cominciare dalla crisi siciliana e dall'Eurogruppo di domani. E proseguendo con l'incrocio di decreti che il Parlamento si troverà a esaminare da qui alla pausa estiva. Su tutti sviluppo, spending review e dismissioni.

Un incontro che lo stesso presidente della Repubblica ha definito – nel corso di un seminario sul diritto costituzionale svoltosi poco prima nella Biblioteca del Quirinale – «imprevisto e urgente». Imprevisto, ha aggiunto, come «l'accavallarsi delle scadenze politico-istituzionali interne e internazionali». E in ballo ce ne sono parecchie. Il summit, hanno fatto sapere più tardi dal Colle, è servito innanzitutto a discutere del rischio crac della Sicilia (su cui si veda altro articolo a pagina 11) e sulle prospettive, anche per la tenuta del Governo, che questo nuovo fronte rischia di aprire in un quadro politico reso già complicato dall'affaire intercettazioni. Più di un passaggio è stato poi dedicato al contesto internazionale in cui il nostro Paese si trova a operare. Dagli interventi per rimpinguare l'Esm – grazie anche a un emendamento al Dl dismissioni che consentirà di finanziarlo con l'emissione di titoli di Stato a medio-lungo termine – all'Eurogruppo di domani sull'emergenza spagnola. Fino ai risultati del recente viaggio di Monti negli Usa.

Ma la visita al Quirinale ha consentito al premier anche di fare il punto sui cinque decreti all'esame delle Camere, che vanno portati al traguardo entro la prima settimana di agosto. Partendo dai tre articolati (sviluppo, spending review e dismissioni) dedicati alla crescita. Un simile intreccio porta con sé sia l'urgenza che un'inevitabile sovrapposizione. Ragion per cui l'Esecutivo sarà costretto a utilizzare più di un voto di fiducia "tecnico". Affrontare l'argomento in via preventiva anziché mettere il capo dello Stato di fronte al fatto compiuto all'atto della firma è stato anche un gesto di cortesia istituzionale da parte di Monti visti i numerosi interventi di Napolitano contro l'abuso delle fiducie e la prassi dei decreti omnibus. Ma sul punto il capo dello Stato avrebbe ottenuto la rassicurazione del Governo che ogni accorpamento sarà fatto con accortezza nella tecnica legislativa.

Il primo episodio del genere si è verificato nei giorni scorsi con l'inserimento nel Dl sviluppo di una decina di correzioni alla riforma del lavoro. E il bis ci sarà la settimana prossima. Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha confermato quanto anticipato nei giorni scorsi su questo giornale: il decreto sulla spending review, che sarà in aula giovedì 26 per essere approvato (con fiducia) l'indomani, imbarcherà le dismissioni che otterranno oggi il via libera delle commissioni Bilancio e Finanze di Palazzo Madama. Con alcune novità di rilievo rispetto alla versione originaria: la fusione delle Agenzie fiscali da realizzare entro il 1° dicembre, l'estensione al Demanio delle misure di contenimento sulle risorse umane, l'attribuzione ai Comuni del 30% cash per gli immobili conferiti ai fondi.

Le stesse commissioni potranno poi dedicarsi alla spending. Oggi alle 12 scade il termine per la presentazione degli emendamenti. E la lista di desiderata si annuncia lunga. Come lungo è l'elenco delle categorie che finora hanno protestato (Regioni, Province, Comuni, sindacati, farmacisti, avvocati, enti di ricerca) contro i sacrifici imposti dal provvedimento. Tra le modifiche in arrivo alcune serviranno a restringere la messa in liquidazione delle società in house, altre a rafforzare i poteri delle Regioni nell'accorpamento delle Province. Ma il gruppo Pd del Senato ha già annunciato che presenterà un pacchetto di proposte dedicate alla sanità, da un lato, per riorganizzare il taglio dei posti letto negli ospedali secondo parametri precisi e condivisi con i governatori entro settembre, e dall'altro, per contenere del 5% non tutta la spesa per beni e i servizi ma solo quella dei nuovi appalti. Novità in vista infine anche per la ricerca, un tema notoriamente sensibile anche agli occhi del capo dello Stato. Sperando che non si ripeta l'agosto caldo dell'anno scorso perché a quel punto dal cassetto dell'Economia potrebbe uscire un nuovo Dl. Diretto stavolta a tagliare le agevolazioni fiscali, i contributi ai partiti e gli incentivi alle imprese.

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