Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2012 alle ore 06:38.

My24

In poco meno di un anno e mezzo la crisi siriana si è trasformata da una sollevazione pacifica contro il regime, violentemente repressa da Bashar Assad, in una guerra civile che sta diventando anche un conflitto per procura tra potenze. È quello che ha ben presente Kofi Annan che ieri ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin mentre da Damasco gli osservatori dell'Onu, confinati all'ex Hotel Meridien, confermavano che nella capitale è in atto un'importante escalation della violenza.
«La principale responsabilità della crisi è di Assad ma la guerra civile non si può fermare da quando l'Occidente e gli arabi hanno cominciato a rifornire di armi gli insorti», ha sostenuto in una conversazione privata l'inviato dell'Onu e della Lega Araba.
Il problema è che tutti in questa vicenda stanno mentendo clamorosamente. Mente il regime, che sta massacrando non solo i ribelli ma anche la popolazione civile per creare delle zone "alauite" dove la minoranza al potere potrà formare roccaforti in caso di caduta di Bashar Assad. La fine della supremazia alauita non implica soltanto la sostituzione di un raìs, come in Tunisia, Egitto o Libia, è il crollo di un sistema di prebende e ricatti dove si teneva insieme il complesso mosaico etnico e settario siriano, come è avvenuto in Iraq con la caduta dei sunniti capeggiati da Saddam Hussein.
Mentono gli occidentali e gli Stati arabi del Golfo che dicono di volere una transizione dei poteri che tenga conto anche di elementi del vecchio regime e del partito Baath. Questo è quanto contenuto nell'accordo di Ginevra sottoscritto dalle potenze internazionali. Ma non è così: l'obiettivo, sostenendo la guerriglia, è di spazzare via Assad e i suoi per impiazzarli con un Governo presumibilmente a maggioranza sunnita che tagli ogni legame con l'Iran sciita e gli Hezbollah libanesi. Si tratta di una posta strategica per avviare la resa dei conti con Teheran, con le sue ambizioni nucleari e di egemonia nel Golfo del petrolio che costituisce da sempre il punto critico delle relazioni internazionali di Washington. La Siria conta, agli occhi degli Stati Uniti, soprattutto per questo: è una pedina del Great Game del Medio Oriente allargato.
Mentono anche i russi e i cinesi. Sulla pelle dei siriani Mosca sta giocando una partita globale. Vuole dimostrare di essere capace di far saltare i piani arabi e occidentali, prendendosi una rivincita non soltanto sulla Libia, dove l'anno scorso fu decisivo l'intervento della Nato, ma su un decennio di delusioni e sconfitte. I russi hanno visto sbalzare di sella Milosevic a Belgrado, frantumare l'Iraq di Saddam Hussein, hanno dovuto inghiottire la rivoluzione arancione in Ucraina: sono interessati all'affermazione del principio di non ingerenza negli affari interni di un Paese anche in presenza di un regime che vìola sistematicamente i diritti umani e politici più elementari garantiti dalla carta delle Nazioni Unite. Mosca sostiene il piano Annan, ha dichiarato ieri Putin ma non intende votare risoluzioni che prevedano altre sanzioni contro Damasco. Putin difende Assad perché difende anche il suo diritto irrinunciabile di fare quello che vuole a casa propria. E anche la Cina, questo celebrato gigante del nuovo capitalismo mondiale, è d'accordo, in quanto propone, un po' come la Russia, una nuova formula della scienza politica: economia di mercato e polizia di stato.
Michael Ignatieff sull'ultimo numero della "New York Review of Books" sostiene che l'Occidente con l'89 e la fine della Guerra Fredda ha sbagliato le sue previsioni. Immaginava allora che se Russia e Cina avessero permesso un'economia di mercato ci sarebbe stata una richiesta popolare di maggiore libertà con conseguenti riforme politiche. Non è stato così: le richieste sono arrivate ma alla libertà di espressione politica e di pensiero è stata chiusa la porta in faccia. Si possono avere ottimi risultati economici ma divorare ogni spazio di libertà.
Ecco il gioco cinico che sta dietro la Siria: speriamo, per la sorte del popolo siriano, che un giorno qualcuno cada illuminato sulla via di Damasco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Alberto Negri

Shopping24

Dai nostri archivi