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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2012 alle ore 06:40.

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Il governatore Roberto Formigoni non ha alcuna intenzione di dimettersi. E ieri, nel corso di una conferenza stampa convocata dopo le ultime indiscrezioni pubblicate dal Fatto Quotidiano e dalla Repubblica sui suoi rapporti con il lobbista Pierangelo Daccò, il governatore ha ribadito la sua difesa e ha parlato di «un tentativo di manipolazione pubblica attraverso un uso reiterato di falsità per screditarmi davanti ai miei elettori e ai cittadini» e «con una sorta di golpe costringermi alle dimissioni, ma io non credo a queste falsità, non mi dimetto e non lo farò almeno fino al primo grado di giudizio».
Insomma, nessun passo indietro del governatore lombardo che si è scagliato contro i due quotidiani accusandoli di aver commesso «il primo e importante reato pubblicando il materiale secretato, poi però l'hanno stravolto». Formigoni ha poi spiegato che i suoi legali «sono venuti in possesso di alcuni di questi verbali» relativi a un interrogatorio di Daccò e ne sono emerse «differenze formali e sostanziali» rispetto a quanto pubblicato dai due quotidiani.
Formigoni ha quindi ricordato di «non avere a tutt'oggi ricevuto alcun avviso di garanzia» e, rispetto ai 9 milioni di euro che, secondo il Fatto, sarebbero stati spesi da Daccò per lui e il suo entourage, il governatore non è entrato nel merito delle accuse, ma ha rimarcato che «non c'è alcun reato» che lo riguardi e che «Daccò non ha ricevuto alcun vantaggio dai suoi rapporti con me».
Ieri mattina, poi, la procura di Milano ha fatto sapere che sta procedendo nei confronti dei giornalisti del Fatto Quotidiano per il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale. «Mi sembra – ha aggiunto il governatore commentando la decisione dei pm milanesi – che finalmente e lentamente la verità cominci a venire a galla. Hanno tentato un golpe contro Formigoni e la Regione Lombardia, speravano cadessi nel mese di maggio, non ce l'hanno fatta, e adesso pagheranno il fio dei loro errori».
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