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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2012 alle ore 08:17.

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WASHINGTON
Il «fallimento» del Fondo monetario nel mettere in guardia per tempo sulla crisi europea ha ampliato le sofferenze dei cittadini e portato l'euro «sul baratro».
Ad affermarlo è l'economista senior dell'Fmi, advisor del dipartimento Europa, Peter Doyle, nella sua lettera di dimissioni datata 18 giugno, diffusa dalla rete televisiva Cnn. «Dopo 20 anni di servizio, mi vergogno di aver avuto qualsiasi rapporto con il Fondo monetario internzionale», si legge nel testo, che attacca l'attuale direttore generale del Fondo, Christine Lagarde e i suoi precedessori.
«Pesanti difficoltà nelle crisi europee erano state identificate con largo anticipo, ma sono state occultate», scrive l'economista pentito Doyle, che è stato a capo della divisione dell'Fmi che si occupa di Israele, Svezia e Danimarca. «I fattori che hanno portato a questi fallimenti nella sorveglianza europea (avversione al rischio analitico, priorità al rapporto bilaterale e pregiudizi nei confronti dell'Europa) - continua l'economista - stanno diventando più profondamente radicati, nonostante le iniziative che pretendono di limitarli».
Questi problemi sarebbero assolutamente evidenti nella nomina dei direttori del Fondo che, nell'ultimo decennio, «sono stati con tutta evidenza disastrosi» per Doyle. Anche l'attuale direttore Lagarde sarebbe «contaminato», secondo l'economista, «siccome né la sua integrità e il suo stile possono compensare la fondamentale illegittimità del processo di selezione».
Il portavoce del Fondo William Murray ha replicato che i fallimenti nella sorveglianza «erano ben documentati negli stessi rapporti di audit interno e in numerose dichiarazioni del direttore generale».

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