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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2012 alle ore 19:22.

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Via libera unanime del cda Rai sul compenso del presidente Anna Maria Tarantola. Un importo, a quanto si apprende, di 366 mila euro lordi, inferiore a quello percepito dal predecessore Paolo Garimberti (450 mila euro). Dopo le polemiche sul compenso del direttore generale Luigi Gubitosi - 650 mila euro lordi l'anno, con contratto a tempo determinato - la riduzione dello stipendio del presidente (che non è comunque un dipendente Rai) è un segnale importante sul fronte di quel rigore invocato come un tratto distintivo dell'era Monti.

Nelle scorse settimane l'assemblea degli azionisti - composta dal ministero del Tesoro e dalla Siae - aveva già deciso la riduzione di circa il 30% dei compensi dei componenti del cda, portandoli a 66 mila euro lordi annui. Tarantola, dice la fonte, ha deciso di tagliare il proprio compenso complessivo di circa un terzo rispetto al predecessore «per dare un esempio», pur disponendo di deleghe più vaste e di maggiori responsabilità, in un momento di crisi economica e di difficoltà anche per l'azienda. Fino alla sua nomina a presidente, Tarantola, 67 anni, era vice direttore generale della Banca d'Italia, dove guadagnava circa 400 mila euro lordi l'anno.

Presidente e dg stanno tracciando la rotta da intraprendere, alla quale ancorare i successivi interventi di razionalizzazione, mantenendo in equilibrio efficienza e produttività, tagli e rilancio del prodotto. I primi interventi potrebbero forse essere già definiti nella prossima riunione del cda, prevista il 2 agosto. Ma i problemi dell'azienda sono tutti sul tavolo - a fine anno è atteso un rosso tra i 60 e i 100 milioni di euro, con un indebitamento intorno ai 300 milioni - e non a caso già l'ex dg Lorenza Lei aveva ipotizzato una nuova manovra correttiva da 50-60 milioni.

Tra le possibili operazioni di cui si è parlato, la cessione degli asset passivi RaiWay, che potrebbe iniettare nelle casse dell'azienda intorno ai 500 milioni; la dismissione parziale del patrimonio immobiliare (da tempo si parla della vendita di Viale Mazzini e via Teulada, ma anche di Palazzo Labia a Venezia); il taglio delle collaborazioni dei pensionati; la revisione del perimetro dell'attività aziendale (e quindi la riduzione degli attuali 14 canali), con eventuali interventi sul personale in esubero; misure per il recupero dell'evasione del canone, che pesa per circa 500 milioni di mancati introiti.

Sullo sfondo resta il nodo delle nomine, che arriverebbe al pettine solo dopo l'estate. In ballo c'è Rai1, collocazione alla quale punterebbe l'ex dg Lei, ma nel mirino c'è anche Rai2, in crisi di ascolti. In vista delle elezioni del 2013 gli occhi sono puntati anche sul Tg1: il contratto di Alberto Maccari scade a dicembre, ma potrebbe essere sostituito anche prima. E il cdr, che oggi protesta per l'assenza di un suo inviato nella squadra Rai alle Olimpiadi di Londra, sollecita ancora una volta il nuovo vertice a »occuparsi al più presto del piano di rilancio della prima testata del servizio pubblico.

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