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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2012 alle ore 06:41.

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di Ugo Tramballi Un fratello presidente, un altro primo ministro, un altro ancora suo vice. Se i militari non avessero chiuso il Parlamento, un quarto esponente dei Fratelli musulmani ne sarebbe stato il capo. Non era esattamente questa sistematica occupazione del potere che gli islamisti avevano promesso agli egiziani.
Il premier incaricato dal presidente Mohamed Morsi è Hisham Kandli, 50 anni, una barba da musulmano moderato e un volto da ingegnere. È infatti entrambe le cose. Esperto di acque e irrigazione, Kandli ha un master della Utah State University e un dottorato alla North Carolina. Nel governo uscente di Kamal Ganzouri, Kandli è il ministro per l'Irrigazione, in "quota" fratellanza. Oltre che islamista, il nuovo potere egiziano sembra una lobby di ingegneri americani: anche Morsi lo è, laureato alla Usc di Los Angeles.
L'aspetto americano sembra meno rilevante di quello islamista, al momento. Eletto presidente un mese fa, Mohamed Morsi aveva promesso di scegliere, «entro pochi giorni», un primo ministro capace di essere «una figura indipendente e patriottica». I giorni sono diventati un mese e Kandli non sembra avere le caratteristiche di premier indipendente. Si erano fatti i nomi del Nobel per la pace Mohamed ElBaradei, dell'ex banchiere centrale Faruk El-Oqda o di HazemEl-Beblawi, laico e vicepremier nel governo Ganzouri. Si è scelto invece un uomo della Fratellanza.
Ancora più politica è l'indicazione del vice di Kandli: è Khairat al-Shater, imprenditore di peso e soprattutto vero leader politico dei Fratelli musulmani, inviso ai laici. È probabile che sarà lui il vero premier: una specie di primo ministro ombra. Soprattutto se dalla nuova Costituzione sempre in fase di definizione, uscirà un Egitto non più presidenziale come lo è stato negli ultimi 60 anni.
Non è la prima volta che i Fratelli musulmani non mantengono le promesse. Nel Parlamento, poi chiuso poco più di un mese fa dalla Corte costituzionale, avevano promesso di formare una commissione costituzionale equilibrata, e non lo hanno fatto. Avevano anche annunciato di non candidare nessuno alle presidenziali: prima Shater, costretto a ritirarsi, e poi Morsi lo sono stati. Ora è venuta meno anche la promessa di un governo più ampio. Dal punto di vista democratico ne hanno il diritto: i Fratelli hanno vinto sia le elezioni parlamentari che le presidenziali. Ma all'inizio era inteso che la ricostruzione dell'Egitto dovesse essere fatta da tutte le sue componenti politiche. I Fratelli musulmani sembrano invece avere una vocazione monopolistica.
È quello che oggi potrà verificare Giulio Terzi. Dopo Hillary Clinton, il ministro degli Esteri italiano sarà fra i primi leader occidentali a incontrare Mohamed Morsi. Terzi vedrà anche il generale Mohamed Tantawi. Tantawi è ancora il capo dello Scaf, il Consiglio delle forze armate che guida la transizione, ed è stato indicato da Morsi come prossimo ministro della Difesa e della sua cassaforte, la Produzione militare. Tantawi non ha mai smesso di esserlo: lo era con Mubarak.
A dispetto delle nomine presidenziali e del nuovo governo che entrerà in carica - i tempi della sua formazione non sono stati indicati, sarà probabilmente un lungo processo - chi comanda in Egitto è ancora più Tantawi che Morsi. In realtà ognuno ha la sua agenda quotidiana e cerca di perseguirla, in assenza di regole.
Senza una leadership definitiva e un programma politico stabilito, l'economia affonda. In queste settimane il Paese è stato paralizzato da una lunga serie di scioperi. C'è un'offerta di aiuto da 3,2 miliardi di dollari del Fondo monetario; Banca Mondiale, Banca per lo sviluppo africano e G-8 sono pronti ad avviare altri progetti di finanziamento. Ma la fratellanza non ha ancora deciso come e quanto legarsi all'Occidente.
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