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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2012 alle ore 08:15.

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MILANO
Milano da ieri ha un registro per le unioni civili. Dopo mesi di discussione e una maratona finale durata 12 ore, ieri mattina alle 6 è stato approvato il regolamento che riconosce i diritti di convivenza di due persone non legate da parentela (con 29 voti a favore, 7 contrari e 4 astenuti).
In Italia quello milanese non è il primo caso: arriva dopo altre 85 città, tra cui due grandi centri come Torino e Napoli. A Milano la vicenda ha però acquisito un valore simbolico particolarmente forte. Prima di tutto perché si trattava di uno dei punti programmatici più importanti della giunta di Giuliano Pisapia; secondariamente perché con il dibattito milanese si è indirettamente riaperta la questione dei diritti degli omosessuali.
Più concretamente, i vantaggi dei conviventi sono ben circoscritti e riguardano solo i settori di competenza dell'amministrazione comunale: nulla a che vedere dunque con i diritti legati al matrimonio. Si tratta della possibilità di successione nelle case popolari; di partecipazione a bandi comunali per il supporto contro la crisi e la disoccupazione; di accesso ad alcuni servizi sociali e alla reciproca assistenza (escluso il settore sanitario vero e proprio che riguarda invece la Regione). Nel regolamento sono elencati anche altri ambiti: dalle politiche giovanili allo sport, dalla formazione alla scuola, dai diritti di partecipazione ai trasporti. Ma in questi casi si tratta di esempi teorici perché di fatto non esiste una discriminazione tra chi è sposato e chi convive. La questione della casa è quindi quella più facilmente riconoscibile.
Detto questo, è evidente che il valore simbolico del provvedimento è molto forte. Per Pisapia «a Milano ora ci sono più diritti» e a Palazzo Marino il centrosinistra laico si augura che il Parlamento voglia affrontare il tema a livello nazionale. Il Pdl di Milano e la Lega, invece, definiscono l'iniziativa «una bandierina del sindaco per la comunità gay».
Molte le reazioni in tutta Italia. Ad esempio per la senatrice Giuliana Carlini (Idv) «i diritti della persona sono l'elemento qualificante della democrazia»; per il segretario di Fed Paolo Ferrero «il Parlamento dovrebbe darsi una svegliata e garantire a tutte le coppie pari diritti»; per Maurizio Gasparri (Pdl) invece «è un'iniziativa demagogica che non serve a nulla».
Il registro delle unioni civili, che diventerà operativo a settembre, porta la firma delle consigliere di centrosinistra Marilisa D'Amico, Anita Sonego e Patrizia Quartieri, ma ha beneficiato anche di appoggi strasversali: hanno votato a favore due consiglieri del Pdl dell'ala laica (Pietro Tatarella e Luigi Pagliuca), il grillino Mattia Calise e Manfredi Palmeri (Fli), mentre contemporaneamente 4 consiglieri cattolici del Pd si sono astenuti.
Nelle ultime due settimane sono stati molti gli emendamenti e i correttivi. Il principale è stato l'eliminazione della definizione di "famiglia anagrafica", sostituita dal concetto di "unione civile", per evitare la critica di poligamia sollevata dal mondo ecclesiastico.
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LA SVOLTA

Mesi di discussione
Il decollo al provvedimento, che era nel programma elettorale del sindaco Pisapia, ha richiesto una lunga discussione, compresa la seduta finale durata 12 ore
Maggioranza bipartisan
L'ok è arrivato con 29 voti a favore, 7 contrari e 4 astenuti. Via libera anche da due consiglieri del Pdl. Astenuti 4 consiglieri del Pd
Effetti limitati
I vantaggi dei conviventi sono circoscritti e riguardano soltanto i settori di competenza comunale: nessun effetto sui diritti legati al matrimonio

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