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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2012 alle ore 06:37.

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Gli occhi degli operatori erano tutti puntati su Roma. Il motivo? È presto detto: la lettura dell'ennesimo capitolo del romanzo sul debito pubblico. Ebbene, ieri la puntata è andata via "liscia". Il Tesoro ha collocato 5,479 miliardi di BTp (a 10, 5 e 3 anni) a fronte di un obiettivo massimo di 5,5 miliardi. In particolare, sul decennale il rendimento è sceso al 5,96% rispetto al 6,19% di fine giugno. Un segnale positivo, nonostante la domanda in leggera flessione, confermato anche sul titolo quinquennale. Qui, infatti, lo yield è calato al 5,29% a fronte del 5,84% nel mese scorso. «Il mercato, che evidentemente punta sull'intervento delle banche centrali, mostra un buon "appetito" per i titoli di Stato italiani», è stato il commento unanime degli esperti.
Una valutazione positiva confermata, da un lato, dallo stesso Tesoro: con l'asta di ieri, ha sottolineato il Mef, si è arrivati «a completare, in linea con gli obiettivi, circa il 66% del funding 2012». E, dall'altro, dall'andamento dello spread. Il differenziale BTp-Bund, sui massimi di giornata poco prima dell'asta, è infatti scivolato verso il basso proprio dopo la pubblicazione del risultato del collocamento: da 468 punti base è passato a quota 458.
Che fosse una giornata positiva per il mercato primario del reddito pubblico lo si è peraltro visto anche nell'asta di Parigi. Il governo francese ha venduto 7,28 miliardi di bond a breve (12 settimane) e medio periodo (25 e 51 settimane) tutti con rendimento negativo. «Non si tratta – afferma Angelo Drusiani di Albertini Syz – di un vero e proprio "fly to quality". Piuttosto, dell'indicazione che gli operatori vogliono essere un po' più ottimisti sul futuro di Eurolandia». Cioè, non sia va «solamente in cerca del porto sicuro del Bund, bensì gli investitori puntano anche al debito pubblico degli altri Stati dell'Unione monetaria».
Ciò detto, l'andamento del mercato primario racconta metà della storia. Le incertezze sul futuro dell'euro, ovviamente, sono ancora tutte lì. Congelate dalle parole pronunciate la scorsa settimana dal presidente delle Bce Mario Draghi, le insicurezze sono pronte a rialzare la testa.
La prova? Il movimento complessivo di ieri proprio degli spread. Ebbene il differenziale italiano, crollato in avvio sulla scia del sostegno dell'Esecutivo di Berlino ai possibili acquisti di Bond da parte dell'Eurotower, ha poi chiuso in rialzo a 467 punti base (quello spagnolo è invece sceso a 526). Il rendimento del buono italiano, dal canto suo, è tornato sopra il 6%. Un non sense a fronte del positivo esito dell'asta? «Non proprio -risponde Sergio Pigoli, investitore di lungo corso a Piazza Affari -. Il decennale italiano, nelle ultime sedute, ha messo a segno un bel rally. È naturale che, al di là di chi si è ricoperto perché troppo esposto al ribasso», molti operatori abbiano chiuso le posizioni. «E portato, così, a casa la plusvalenza. La Bce, è vero, si è esposta molto in favore dell'Euro. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti». E capire, poi, se la resistenza dei falchi della Bundesbank sarà vinta. Insomma, le carte da vedere sono ancora molte: a partire dalla prossima riunione della Banca centrale europea di giovedì. Lì la speculazione ribassista, agevolata anche dai volumi molto bassi, "testerà" nuovamente la reale volontà dell'Europa di tenersi la sua moneta.
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