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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2012 alle ore 06:41.

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PALERMO. Dal nostro inviato
È rimasto in sella per quattro anni mandando all'opposizione la maggioranza che nel 2008 lo aveva portato al governo della Sicilia e alleandosi con la minoranza che quelle elezioni aveva perse. Raffaele Lombardo ha mostrato un'intelligenza e una spregiudicatezza politica fuori dell'ordinario. È riuscito a spaccare il Pdl del 61 a 0, facendo leva sulle ambizioni autonomistiche di Gianfranco Miccichè, e ad ottenere il sostegno del Pd grazie all'asse di ferro con Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici. Ha intuito e cavalcato il malessere di Gianfranco Fini verso Berlusconi, facendo del presidente della Camera uno dei suoi alleati. Lascia però una Regione finanziariamente al collasso, divorata da una crisi di liquidità senza precedenti.
Certo, non se ne può attribuire la colpa per intero al suo governo. La dissipazione della spesa pubblica da parte di chi l'ha preceduto ha pesato come un macigno sulla sua presidenza; ne ha ipotecato il futuro. Ma Lombardo è stato organico a quel sistema di potere; vi ha preso parte attivamente proprio negli anni d'oro del cuffarismo.
Nel discorso di commiato all'Assemblea regionale, con cui ieri ha rassegnato le dimissioni, e nella conferenza stampa di Palazzo d'Orleans, il fondatore e leader del Mpa ha usato toni populistici: ha parlato di aggressione all'autonomia speciale, di democrazia minacciata dalla dittatura della finanza internazionale, di uno Stato sempre più centralista che sottrae risorse ai siciliani e detta le proprie condizioni. Ha fatto riferimento a Malta come paese modello per la sua bassa pressione fiscale e la sua capacità di creare sviluppo. Ha detto che lo statuto autonomistico non è più un tabù e che all'occorrenza la Sicilia potrebbe separarsi consensualmente dall'Italia. Ma per andare dove? Le casse della Regione sono vuote. Secondo il commissario dello Stato, che esercita il controllo di legittimità sulle leggi approvate a Palazzo dei Normanni, al bilancio corrente mancherebbero all'appello tra 400 e 450 milioni per la sopravvalutazione di alcune poste (la valorizzazione degli immobili e gli introiti fiscali). Ancora fino a ieri 43 milioni di spese risultavano non coperte dal bilancio di previsione da poco approvato e, dopo un estenuante ed acceso dibattito, la giunta è riuscita a farsene carico solo in parte (per 12 milioni). Risultato: 29mila precari (6.500 Asu e 22.500 Lsu) rischiano di avere decurtato lo stipendio; i dissalatori di alcune isole minori e di Gela rischiano di fermarsi, così pure il trasporto marittimo dei rifiuti; i contratti di servizio del trasporto pubblico su gomma aspettano di essere rinnovati.
E che dire dell'Ast? L'Azienda siciliana dei trasporti, la più grande partecipata della Regione, è una fabbrica di perdite e, come spiega il segretario generale della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava, ha difficoltà a corrispondere lo stipendio di luglio ai suoi 1.200 dipendenti e non ha i mezzi per pagare la quattordicesima. Per non parlare delle imprese private della filiera dei rifiuti, fornitrici di servizi agli Ato, che non vengono più pagate da mesi e potrebbero rivolgersi al Tribunale per ottenere i loro crediti. Palazzo dei Normanni s'è fatta garante dei debiti degli Ato. Ma con quali soldi?
La verità è che i bilanci della Regione presentano ampie zone d'ombra su cui anche le agenzie di rating vogliono veder chiaro. Lombardo sostiene che l'indebitamento di Palazzo dei Normanni (oltre 5 miliardi) rappresenta solo il 7% del Pil regionale. Ma cosa nascondono i residui attivi? Sono tutti esigibili i 15,7 miliardi di crediti accertati ma non riscossi riportati nel consuntivo al 31 dicembre 2011? E cosa succederebbe se la Regione consolidasse oggi i conti di tutte le società e gli enti partecipati? Il bilancio si sta avvitando su se stesso come un aereo che precipita (per di più entro il 2014 dovranno essere tagliati 4 miliardi di spese) e non saranno gli esorcismi dell'ex presidente a interromperne la caduta.
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I NUMERI

15,7 miliardi
I residui attivi
Sono crediti accertati ma non riscossi dalla Regione Sicilia. Rappresentano una delle zone d'ombra dei conti dell'ente: la Regione siciliana non riscuote somme per un ammontare così ingente pur a fronte di una situazione di illiquidità e di oggettive difficoltà  finanziarie
400 milioni
Il buco
Secondo il commissario che esercita il controllo di legittimità sulle leggi approvate a Palazzo dei Normanni, al bilancio corrente mancherebbero tra 400 e 450 milioni per la sopravvalutazione di alcune poste (la valorizzazione degli immobili e gli introiti fiscali)

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