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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2012 alle ore 12:14.

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Mikhail Khodorkovskij (Ap)Mikhail Khodorkovskij (Ap)

Mikhail Khodorkovskij potrebbe tornare in libertà già in autunno. E' il quotidiano russo Kommersant ad accendere una speranza per l'oligarca del petrolio, in carcere dal 2003 insieme al collega Platon Lebedev. O meglio, la speranza è nelle conclusioni di Vjaceslav Lebedev, presidente della Corte Suprema russa che ha ordinato al Tribunale di Mosca un riesame del caso.

Una decisione nota nei giorni scorsi: soltanto ora però sono state diffuse le motivazioni del giudice supremo, che crea una base giuridica per la liberazione. Secondo Vjaceslav Lebedev infatti Khodorkvskij e il suo socio potrebbero essere stati condannati due volte per lo stesso crimine (frode fiscale e appropriazione indebita), nel 2005 e nel 2010, per restare in carcere fino al 2016.

Si rende dunque necessaria una riapertura del caso, anche se Vadim Kljuvgant, avvocato della difesa di Khodorkovskij, ribadisce i dubbi sull'onestà del Tribunale di Mosca: "Non c'è ragione per trarre conclusioni affrettate o farsi illusioni", scrive sul sito di Mikhail Khodorkovskij. La data della prima udienza per il riesame non è ancora stata resa nota.

Un ladro di foreste
Se davvero dovesse aprirsi una possibilità per quello che fuori dalla Russia è divenuto il più famoso dei detenuti "politici", un altro protagonista dell'opposizione russa rischia di ripercorrere la strada di Khodorkovski. Aleksej Navalnyj, blogger anti-corruzione e leader delle proteste contro Vladimir Putin, è stato incriminato per aver organizzato nel 2009 il furto di legname - 10mila metri cubi - da una compagnia statale di cui era consulente, a Kirov. Un reato per cui rischia dieci anni di carcere.

L'attivista, noto per aver inventato il marchio di "ladri e imbroglioni" contro il partito di Putin, ha commentato la notizia paragonandosi appunto a Khodorkovskij, ironizzando sull'accusa mossa contro di lui, il furto di tutto il petrolio di Yukos. Mentre lui, Navalnyj, avrebbe rubato "un'intera foresta, accusa strana e assurda". I suoi soli crimini, ha osservato la decana dei dissidenti russi, Ljudmila Alekseeva, sono soltanto aver gridato contro la corruzione e aver partecipato a manifestazioni autorizzate.

Gli Usa: motivazioni politiche
Nei giorni in cui fanno il giro del mondo le immagini di un altro processo - tre ragazze di una banda punk accusate per aver protestato contro Putin nella Cattedrale del Salvatore di Mosca - il dipartimento di Stato americano ha condannato sia il procedimento contro Navalnyj che il processo alle "Pussy Riot": "Sviluppi che sollevano pesanti dubbi sulle motivazioni politiche dei procedimenti contro l'opposizione e contro chi esprime opinioni divergenti", ha scritto il portavoce Patrick Ventrell.

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