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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2012 alle ore 15:46.
L'ultima modifica è del 02 agosto 2012 alle ore 10:54.

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Al Consiglio dei Ministri di domani il governo adotterà «un provvedimento d'urgenza» per velocizzare le procedure di attuazione degli interventi per la bonifica e la tutela ambientale dell'impianto di Taranto previsti dal protocollo d'intesa del 26 luglio. Lo ha annunciato a Bari il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, a conclusione dell'incontro con il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante. «Valuteremo se sarà un decreto legge o un'ordinanza di Protezione civile», ha spiegato Clini, per il quale quello con l'azienda è stato «un incontro molto positivo».

Alla soluzione del decreto legge si è subito detto favorevole il segretario del Pdl, Angelino Alfano. Il deputato Pd Francesco Boccia è andato più in là: «Mi aspetto domani un decreto legge eccezionale, che permetta all'Ilva di adeguarsi alle prescrizioni di legge, con regole chiare e anche con sanzioni economiche chiare, e che consenta ai magistrati di rivedere il provvedimento sulla base di un nuovo provvedimento normativo».

Questa mattina, intanto, la manifestazione organizzata da Fiom, Fim e Uilm a difesa del lavoro si è svolta pacificamente, ma il comizio finale è stato guastato da un gruppo di ambientalisti estremisti, legati secondo fonti di polizia agli ultras del Taranto Calcio, che ha prima occupato il palco e ha poi fischiato a più riprese i sindacalisti locali e di categoria. Tanto che i segretari generali di Uil e Cisl, Angeletti e Bonanni, hanno tenuto un breve discorso e, subissati dai fischi, se ne sono andati alla chetichella.

L'unica a intervenire è stata alla fine, per fare la sintesi di una giornata che poteva andare molto meglio ma che comunque è risultata importante in una vicenda complessa e difficile come quella della siderurgia tarantina e italiana, è stata la Camusso, che ha ribadito la tesi di fondo condivisa dai tre sindacati confederali: le responsabilità siano accertate, gli investimenti (se necessari) siano fatti, ma la continuità industriale va preservata e l'occupazione non può non essere tutelata. La mattina era iniziata bene. I due cortei, fra cori e slogan, erano partiti alle nove dalla Città nuova (via Magnaghi) e dal Ponte di pietra (il quartiere dell'Ilva).

Oltre agli operai e agli impiegati della fabbrica dei Riva c'erano semplici cittadini, mamme con i figli, pensionati. Il problema si è verificato quando i due cortei (in tutto fra le 15mila e le 18mila persone) sono arrivati in Piazza della Vittoria. A quel punto, ecco l'entrata in scena del piccolo gruppo di estremisti che ha incominciato a inveire contro i sindacati, giudicati collusi con la proprietà e dunque (nella visione degli ambientalisti radicali) ritenuti corresponsabili dei problemi ambientali e di salute collegati allo stabilimento, alla stessa stregua della famiglia Riva.

Anche se, una buona notizia c'è: rispetto alle voci che si rincorrevano da giorni in città, secondo cui avrebbero potuto presentarsi a Taranto gli anarco-insurrezionalisti dei centri sociali, le persone coinvolte nella contestazione avevano un profilo locale, più pittoresco che pericoloso. Nessuno li ha sottovalutati, ma nulla a che vedere con la devastante professionalità distruttiva dei black bloc, una cui presenza fin dalle prime ore del mattino si vociferava (con una certa preoccupazione) fra gli operai dei cortei.

La fine della manifestazione è stata abbastanza triste, con gli operai che se ne andavano alla chetichella, bottiglie di plastica di acqua minerale lasciate ai margini della piazza e il senso che la giornata poteva andare diversamente, con più coesione e meno rotture. Venerdì inizia il riesame sul sequestro degli impianti e sulla condizione di restrizione della libertà dei Riva e dei manager. Nessuno fa previsioni su quanto tempo occorrerà alla magistratura per prendere una decisione in merito all'immediato futuro della fabbrica e alla sorte delle otto persone oggi agli arresti domiciliari.

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