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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2012 alle ore 20:53.
L'ultima modifica è del 03 agosto 2012 alle ore 18:00.

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Torna l'accusa di estorsione, ai danni di Silvio Berlusconi, per l'ex direttore dell'Avanti! Valter Lavitola. I pm di Napoli, titolari del fascicolo sulla P4, hanno infatti ottenuto dal gip una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per il giornalista e per Carmelo Pintabona, presidente del Fesisur (Federazione associazioni siciliane in sud America) ed esponente del Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo, arrestato questa mattina a Palermo.

«Contatta Berlusconi e digli che sono nella cacca»
Le indagini, condotte dai magistrati Greco, Woodcock, Piscitelli e Curcio, si sono focalizzate, in particolare, sui rapporti tra Lavitola (già detenuto per l'inchiesta sui fondi dell'editoria) e Pintabona sull'asse Argentina-Italia-Brasile. Secondo le ricostruzioni investigative, Lavitola avrebbe incaricato l'amico di contattare l'ex presidente del Consiglio per ottenere consistenti somme di denaro che gli sarebbero servite, evidentemente, per continuare la lunga latitanza e, sospettano gli inquirenti, anche per comprarne il silenzio. Il nome di Pintabona emerge nell'interrogatorio di Lavitola del 25 aprile scorso, quando è proprio l'ex editore a rivelare ai pm di aver chiesto al socio d'affari (insieme sono attivi nel comparto ittico) di rintracciare Berlusconi. «Io gli dissi: "Vedi se tu riesci a contattare a Berlusconi per conto mio e digli che sono nella cacca...".

Il mistero del funzionario di polizia
Il proposito di avvicinare l'ex presidente del Consiglio non sarebbe però a buon fine, ammette Lavitola. Il perché però è difficile capirlo dalle sue parole. Nell'interrogatorio, l'ex direttore dell'Avanti dice infatti che Pintabona cercò di incontrare il Cavaliere («aveva provato ad andare a casa sua, non so se questo è vero oppure mi abbia raccontato una sciocchezza, lì a Roma») finendo però per essere bloccato da un misterioso funzionario di polizia che, dopo averlo pedinato un giorno intero, lo avrebbe avvicinato, «non so se quando è entrato o quando è uscito», per metterlo in guardia: «Lei lo sa che aiutare un latitante è favoreggiamento…».

Linee telefoniche roventi
La Procura è convinta di avere in mano le carte per dimostrare che, in realtà, non si sia trattato - come Lavitola vorrebbe far credere - di un episodio isolato, ma di più richieste di denaro inoltrate da Lavitola, latitante all'estero, a Berlusconi attraverso il suo socio in affari. Contatti testimoniati da numerose intercettazioni telefoniche. Gli investigatori (l'indagine è condotta dalla guardia di finanza partenopea) ritengono di aver inoltre raccolto elementi utili circa il trasferimento di beni immobili da Lavitola a Pintabona. Una mossa che l'ex direttore dell'Avanti – secondo gli inquirenti – potrebbe aver fatto per rendere più difficoltose le indagini e per occultare i propri beni in vista di eventuali provvedimenti di sequestro.

Berlusconi convocato in Procura
Appare a questo punto scontata la mossa dei pm di Napoli (che oggi si sono incontrati con il procuratore aggiunto di Palermo, Antonino Ingroia) di convocare Berlusconi come parte lesa per sentirlo a proposito dei suoi rapporti con Lavitola. Un deja-vu del braccio di ferro del settembre scorso in occasione di una precedente inchiesta per estorsione al Cav (trasformatasi a Bari in induzione alla falsa testimonianza e sopravvissuta a Roma nella originaria contestazione), in cui erano indagati – oltre a Lavitola – anche i coniugi Tarantini. In quell'occasione, però, Berlusconi non si presentò davanti ai pm, ma inviò loro una memoria scritta.

Indagati Sammarco e Moiraghi, avvocati dell'ex premier
Gli avvocati Alessandro Sammarco, uno dei difensori di Silvio Berlusconi, e Eleonora Moiraghi sono indagati per l'ipotesi di induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (articolo 377 bis del codice penale). L'iscrizione nel registro degli indagati dei due legali emerge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Valter Lavitola e Carmelo Pintabona. L'ipotesi di reato si riferisce al viaggio che i due legali organizzarono in Argentina per contattare Lavitola, all'epoca latitante.

Secondo la procura, l'obiettivo dei due era «interrogare Valter Lavitola» per concordare una versione che non danneggiasse il premier. Interrogata dai pm, Maria Lavitola (sorella di Valter) riferisce di un colloquio tra gli avvocati Sammarco, Moiraghi e Fredella (difensore di Lavitola) nel quale, a detta di Fredella, Sammarco affermò che «la salvezza di Valter Lavitola era la salvezza del suo cliente».

Gli inquirenti sottolineano che fu l'avvocato Sammarco ad "acquistare due biglietti per l'Argentina, pagando circa 6000 euro in contanti in violazione della normativa antiriciclaggio, esponendosi alle sanzioni amministrative previste dalla legge indice della volontà di evitare di lasciare qualsiasi traccia del viaggio pur a fronte di una iniziativa che si assumeva lecita". "Il solo avvocato Moiraghi - si legge nell'ordinanza - si sarebbe poi recato in Argentina a fronte della manifestata indisponibilità dello stesso Fredella all'iniziativa di Sammarco".

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