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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2012 alle ore 06:37.

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FRANCOFORTE. Dal nostro inviato
Quelle parole, ai parlamentari tedeschi, non sono proprio piaciute. Quando Mario Monti, nell'intervista al Der Spiegel, ha detto che «se i governi diventano totalmente legati alle decisioni dei loro parlamenti, senza mantenere uno spazio di contrattazione, è più facile che l'Europa si spacchi», i componenti del Bundestag si sono sentiti accusare di essere responsabili delle tensioni europee.
La reazione è stata forte, al punto che la stessa cancelliera Angela Merkel si è sentita costretta a intervenire. Secondo il suo portavoce, Peter Streiter, il governo tedesco non condivide le preoccupazioni di Monti sulla possibilità che il dibattito europeo possa portare alla disgregazione dell'Unione. «È opinione del cancelliere tedesco – ha detto Streiter – che in Germania siamo sempre andati avanti bene con la giusta misura di appoggio del parlamento e di partecipazione» dell'assemblea. «Le decisioni dei governi devono avere una legittimazione democratica – ha poi aggiunto – e recentemente abbiamo anche ricevuto alcune indicazioni dalla Corte costituzionale sul fatto che il parlamento debba essere coinvolto in misura maggiore».
Un analogo concetto era stato espresso poco prima dal ministro degli Esteri, il liberale Guido Westerwelle: «Il controllo parlamentare è fuori discussione – ha detto – e noi abbiamo bisogno di un rafforzamento, e non di un indebolimento della legittimità democratica in Europa». «In qualità di irriducibile parlamentare – ha poi aggiunto il capogruppo della Cdu, il partito della Merkel, Volker Kauder – posso soltanto dire che i diritti di un parlamento o il parlamentarismo non possono essere eliminati con un rafforzamento delle istituzioni esecutive in Europa».
Molto duri i deputati della Csu, il partito fratello della Cdu, che si stanno ritagliando un ruolo di "intransigenti", malgrado la loro partecipazione al governo. Già domenica sera il rappresentante Csu nella commissione Finanze del Bundestag di Berlino, Hans Michelbach, aveva detto che le parole di Monti erano «antidemocratiche» e incompatibili con i principi europei: «Una politica per l'Europa che si sganci dai parlamenti democraticamente eletti può solo perdere il sostegno della popolazione, porta a una dittatura di euroburocrati che vedono i cittadini come un ostacolo fastidioso». Il suo segretario Alexander Dobrindt è poi andato anche oltre. È un «attacco alla democrazia», ha detto: «Sembra che Monti abbia bisogno di un messaggio chiaro: noi tedeschi non siamo pronti ad rinunciare alla nostra democrazia per finanziare il debito pubblico italiano».
Nel corso di questa escalation polemica di un partner della coalizione il governo tedesco ha ritenuto opportuno invitare tutti ad adottare un atteggiamento più pacato. Streiter ha detto che la cancelliera Angela Merkel auspica «più calma» nel dibattito politico. e Westerwelle ha aggiunto che «occorre stare attenti a non spaccare l'Europa con le parole», perché i toni stanno diventando «molto pericolosi». Al di là dell'esigenza di stemperare critiche troppo aspre a Monti, occorreva esorcizzare le parole del "falco" Markus Soeder, leader dei cristiano-democratici (Csu) bavaresi, che chiede di abbandonare la Grecia al suo destino. «Bisogna applicare la vecchia regola dell'alpinismo: se qualcuno è appeso alla vostra corda e sta per trascinarvi nell'abisso, dovete tagliare la corda», ha detto domenica in un'intervista.
Il tentativo di portare su un piano diverso, e del tutto nuovo, il dibattito politico è venuto da Sigmar Gabriel, segretario dei socialdemocratici, che – sulla base di un rapporto stilato tra gli altri dal filosofo Jürgen Habermas – ha coraggiosamente proposto a Verdi e Cdu-Csu (e presto lo farà anche agli altri partiti socialisti europei) un referendum per modificare la Costituzione e affidare alla Ue una parte dei poteri di politica fiscale. Un passo che, tra l'altro, renderebbe possibile l'emissione di eurobond e la condivisione del peso dei debiti. Kauder ha già bocciato l'idea.
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