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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2012 alle ore 06:38.

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ROMA
«L'unica via anticrisi è una grande coalizione». Pier Ferdinando Casini prende carta e penna e in una lettera al Corriere della sera sembra frenare sulla prospettiva dell'alleanza tra progressiti e moderati proposta dal Pd. «Rimuovere l'esperienza del governo Monti significa ripiombare al più presto nella vecchia demagogia... Ecco perché il dilemma dei centristi è facilmente risolvibile: noi chiederemo voti alle prossime elezioni e li impegneremo in Parlamento non per aggiungere qualche strapuntino in coalizioni già morte del passato ma per riproporre uno sforzo di responsabilità nazionale che è l'unico capace di far uscire l'Italia dalla crisi». L'orizzonte più congeniale per il leader Udc resta quindi una riedizione politica della grande coalizione montiana. E l'avvicinamento al Pd degli ultimi mesi sembra determinato soprattutto dalla presenza (o meglio persistenza) di Berlusconi nel campo opposto. E del Cavaliere ancora in campo Casini non vuol neanche sentire parlare: «Capisco l'irritazione della destra verso l'Udc ma non è certo colpa nostra se il Pdl, dopo aver parlato per mesi di rinnovamento, di primarie, di nuove leadership, ha deciso di tornare a Berlusconi. Tutto è svanito in un colpo solo!».
Da parte di Bersani nessuna preoccupazione. I rapporti con il leader centrista sono buoni e continui, e anche ieri ci sono stati contatti. Per Bersani le parole di Casini confermano l'accordo già siglato: il Pd organizza il campo dei progressisti (con Sel, ma non solo, è proprio di ieri l'incontro con i socialisti di Riccardo Nencini) e Casini quello dei moderati. Dopo le urne, dialogo per la formazione di una larga alleanza. «Ho apprezzato le parole di Casini in merito alla nostra proposta. Spero si possa avviare un dialogo costruttivo. Dopodiché ognuno organizza il suo campo», ha precisato Bersani. D'altra parte Casini ha ribadito l'apertura nei confronti di Bersani e questo non può che aver fatto piacere al segretario Pd. «A Bersani va dato atto di aver capito che è necessario introdurre qualche elemento di novità e non a caso parla di patto tra progressisti e moderati», è il ragionamento di Casini. Che ad Alfano dice: «Non ci faremo dettare la linea dal Pd e dalla Cgil, caro Angelino, ma nessuno ci può togliere dalla testa che uno sforzo di risanamento non può essere efficace senza il coinvolgmento attivo di metà del Paese».
La grande coalizione resta l'orizzonte, ma se la scelta dovrà essere tra Pdl e Pd Casini l'ha già fatta. Piuttosto il leader centrista sembra intenzionato a coinvolgere nella "responsabilità nazionale" quella parte del Pdl che ne ha abbastanza di Berlusconi e del berlusconismo. Ne fa fede la riunione di ieri alla Camera nello studio del presidente di Montecitorio e leader di Fli Gianfranco Fini assieme al senatore del Pdl Beppe Pisanu, da mesi interessato a riorganizzare la proposta politica di un centrodestra moderato che superi la stagione del berlusconismo. Insomma, lo schema è chiaro: da una parte si riorganizza il campo dei progressisti, dall'altra quello dei moderati. In mezzo potrebbe esserci la necessità di proseguire l'esperienza "grancoalizionista" per via dell'inasprirsi della crisi economica. Anche per questo i protagonisti lavorano su più fronti.
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