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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2012 alle ore 06:40.

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ROMA
«Sarebbe un grave errore se la divisione tra la Lega e il Pdl consegnasse al centro-sinistra il Nord, anche perché si tratta di una sinistra che ha un grave pregiudizio antiimprenditoriale». Angelino Alfano prova a richiamare la Lega alla vecchia alleanza. E bacchetta anche l'Udc di Pier Ferdinando Casini per la scelta di guardare verso il Pd piuttosto che verso il centro-destra. Invece di contribuire alla costruzione di un polo moderato che è «maggioranza in Italia» – è il ragionamento del segretario del Pdl – i centristi hanno scelto di andare a sinistra e di farsi dettare la linea dalla Camusso».
Immediata la risposta di Casini, impegnato in queste ore proprio a riorganizzare il vasto mondo dei moderati con Gianfranco Fini e Giuseppe Pisanu: «Nell'area moderata c'ero prima di Angelino Alfano e ci rimarrò dopo. Mi dispiace piuttosto che dopo tanti buoni propositi abbiano deciso loro di tornare a Berlusconi». Quanto alla Lega, l'appello di Alfano cade per ora nel vuoto. Roberto Calderoli ricorda che con il sostegno a Monti il Pdl rientra a pieno titolo nel «partito delle tasse»: «In maniera truffaldina hanno già messo la patrimoniale utilizzando l'Imu, le accise sulla benzina, quelle sulle sigarette o sui giochi e balzelli vari, locali e non». Il sostegno a Monti resta per il Carroccio post-bossiano il discrimine fondamentale. Come ha ricordato lo stesso Roberto Maroni all'indomani della "pace" siglata tra Alfano e Monti dopo l'intervista del premier al Wall Street Journal: «Nonostante i proclami bellicosi il Pdl, ancora una volta, perdona Monti. Che delusione, Angelino!», aveva commentato il neoleader della Lega.
La porta leghista è dunque chiusa, almeno per ora. A dimostrazione del fatto che il Pdl resta, tra i partiti che sostengono Monti, il più lontano dalla definizione dello schema con cui presentarsi alle elezioni di primavera: ancora nessun alleato e ancora nessun candidato premier. Perché Silvio Berlusconi, tornato in campo nelle ultime settimane dopo aver lasciato per un po' Alfano sotto i riflettori, non ha deciso il da farsi. «Berlusconi non ha ancora sciolto la riserva sulla sua candidatura a premier anche se tutti nel Pdl stanno spingendo perché questo avvenga», ha confermato ieri lo stesso Alfano. Gli uomini a lui più vicini giurano che in realtà il Cavaliere non ha alcuna intenzione di ricandidarsi davvero, ma il fatto è che ancora non è stata trovata una soluzione alternativa. Il tutto mentre Casini, approffittando anche dell'incertezza del Pdl, sta cercando di attrarre nell'orbita del polo moderato tutta una serie di interlocutori ai quali anche il Pdl, o almeno la sua parte più moderata, ha sempre guardato: attuali ministri "tecnici" come Corrado Passera, l'ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo e il leader della Cisl Raffaele Bonanni. Il progetto che Casini sta portando avanti insieme a un ritrovato Fini è un nuovo contenitore di moderati che raccolga l'eredità del governo Monti. E che dialoghi, dopo le elezioni, con il Pd di Pier Luigi Bersani. Da qui, anche, il nervosismo di Alfano e gli attacchi pidiellini all'Udc.
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