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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2012 alle ore 06:37.
MILANO
Una vicenda dove gli aspetti giuridici anomali sono specchio di uno dei punti di maggiore attrito nelle società industriali, quello tra diritto al lavoro e diritto alla salute. Entrambi costituzionalmente riconosciuti e tutelati. È questo, alla fine, l'esito «aperto» della riflessione del presidente emerito della Corte costituzionale Piero Alberto Capotosti.
Presidente, come valuta l'annuncio del Governo di volere presentare un ricorso alla Consulta per contestare i provvedimenti che portano alla chiusura l'Ilva?
Ho forti perplessità sia sul piano giuridico sia su quello di fatto. Sul primo: non si capisce quale sia la norma costituzionale che sarebbe stata lesa dall'intervento del Gip pugliese. E se non è chiara la norma violata il conflitto di attribuzione non è praticabile. Sul piano di fatto, che in una vicenda come questa è altrettanto se non più importante: la pronuncia dei giudici della Consulta arriverà, bene che vada, solo tra 4 o 5 mesi. Nel frattempo l'impianto dovrebbe cessare l'attività per poi eventualmente, riprendere. Non so se sia possibile. Certo non mi sembra il massimo della funzionalità per una grande impresa.
Ma le stesse ordinanze del Gip non presentano aspetti critici?
È possibile. E in caso di un riconoscimento di abnormità potrebbe anche configurarsi una forma di responsabilità disciplinare. Il sequestro degli impianti è stato deciso per evitare che la situazione peggiori e lo spegnimento degli altiforni in questa prospettiva può essere stato ritenuto dal giudice assolutamente necessario. Mi sembra che il tribunale del riesame avesse provato a rendere compatibile l'esigenza di proseguire l'attività industriale, magari non a pieno regime, con quella di procedere al risanamento. Una soluzione equilibrata apprezzata da tutti, di cui, peraltro, non sono ancora note le motivazioni.
Poi però le cose sono cambiate...
Sì, il Gip ha valorizzato aspetti successivi alla pronuncia del riesame come le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell'Ilva Bruno Ferrante per rimuoverlo dall'incarico di curatore, e ha ritenuto che la produzione renda di fatto impossibile la messa in sicurezza degli impianti e la bonifica. Ha considerato che anche una modalità ridotta di utilizzo degli impianti non sia possibile. Una decisione che ha creato senza dubbio forte sconcerto nell'opinione pubblica. Forse il Gip avrebbe dovuto valutare la possibilità di astenersi, valutando con attenzione le conseguenze delle sue pronunce.
E allora?
Allora la soluzione giuridica è il ricorso, che peraltro credo sia già stato annunciato, dell'azienda al tribunale del riesame. Si innescherà una dialettica tra Gip e riesame che fa parte della fisiologia processuale e che potrà, eventualmente, essere risolta dalla Cassazione.
Ma Taranto non rischia di essere paradigma dell'impossibilità di tenere insieme posizioni giuridicamente fondamentali come il diritto alla salute e al lavoro in una società industriale avanzata?
Certo, ma in qualche misura, è uno dei drammi del nostro tempo. Che riguarda anche i rapporti tra le nazioni. Basti pensare alle difficoltà a fare rispettare il protocollo di Kyoto. Qui si misura anche la difficoltà del giudice che deve cercare di contemperare esigenze diverse con soluzioni di equilibrio. Finchè può. Poi deve scegliere.
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