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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2012 alle ore 06:36.

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TARANTO
Bruno Ferrante, ora solo presidente dell'Ilva dopo che sabato sera il gip di Taranto, Patrizia Todisco, lo ha rimosso da custode giudiziale per incompatibilità, ha incontrato ieri i sindacati metalmeccanici a Taranto e le istituzioni locali – con la Regione – a Bari. Riassume la linea dell'azienda, mentre il caso dell'acciaieria posta sotto sequestro diventa sempre più rilevante.
Sull'azienda, è il pensiero espresso da Ferrante, pesano molto gli ultimi due atti assunti dal gip venerdì e sabato. Con il primo si è intimato all'Ilva di non produrre, dicendo che non c'è facoltà d'uso a fini produttivi; si sono riviste le funzioni dei custodi, declassando Ferrante che era stato nominato dal Tribunale del Riesame. Con il secondo,si revocata la nuova attribuzione d'incarico a Ferrante. Il primo atto del gip parte da una relazione di uno dei custodi, Barbara Valenzano, che ora ha il compito di attuare le misure operative sugli impianti e anche potere di spesa: avrebbe segnalato al giudice che l'Ilva, malgrado il sequestro per inquinamento, continuava a produrre e che l'azienda era poco incline a collaborare. La destituzione di Ferrante, invece, è diretta conseguenza del ricorso annunciato dall'Ilva contro il provvedimento di venerdì del gip.
«Sono nettamente sorpreso per la tempistica», spiega Ferrante ai sindacati metalmeccanici. E definisce «inauditi, eccessivi e irrituali», secondo la versione che forniscono gli stessi sindacalisti, gli ultimi due atti del giudice Todisco. Sui quali ora la società passa ai ricorsi. Il fatto che l'Ilva muova battaglia non vuol dire, però, che intenda porsi come azienda del conflitto e dello scontro giudiziario. Ferrante, infatti, non rinuncia alla missione di «pacificatore» che si è attribuito per portare l'azienda fuori dai guai. Ai sindacalisti, infatti, il presidente dell'Ilva precisa: «Siamo pronti ad attuare tutto quello che i custodi giudiziari nominati dal Gip ci diranno per risanare gli impianti. E siamo pronti ad attuare anche le richieste che ci sottoporranno le istituzioni locali come abbiamo già dimostrato negli incontri precedenti». Ferrante riconosce alla Magistratura il ruolo di aver posto e sottolineato un problema ambientale che esiste: «Ma da qui – aggiunge – a dire che la fabbrica va necessariamente chiusa, ovviamente ce ne corre. Possiamo e dobbiamo trovare una soluzione che tuteli il lavoro e l'ambiente, che salvi Taranto e l'economia, ma anche l'azienda».
Prima di vedere i sindacati, Ferrante ha incontrato i custodi delle aree sequestrate. Secondo i sindacati, avrebbero chiesto ulteriori informazioni sul ciclo produttivo, sulle sue caratteristiche e sugli impianti. Anche per i custodi, infatti, il quadro è complesso: altoforni e acciaierie sono impianti molto particolari e non soltanto per le dimensioni gigantesche.
Ferrante, quindi, smentisce che l'Ilva stia marciando al massimo, come se nulla fosse accaduto. «Abbiamo tutti gli impianti in attivitá ma al minimo – riferiscono i sindacalisti dopo il colloquio con il presidente –.. Questa è anche la condizione per alimentare di energia tutto lo stabilimento, che è approvvigionato grazie ai gas di recupero degli altiforni e delle acciaierie». Sono questi gas, infatti, che mandano avanti sotto il profilo energetico il siderurgico, compresa l'area a freddo non toccata dal sequestro e dove, stando alla prima ordinanza del Gip (del 25 luglio), dovrebbero essere ricollocati gli operai dell'area a caldo una volta fermata. «Se dobbiamo andare sotto il minimo – aggiunge il presidente dell'Ilva ai sindacati – bisogna necessariamente fermare anche qualche altoforno e qui abbiamo due strade: o lo mettiamo in preriscaldo, sapendo però che dobbiamo alimentarlo di più di coke e questo ha un impatto ambientale maggiore, oppure fermarlo, ma così l'impianto lo danneggiamo. Ci dicano allora i custodi cosa dobbiamo fare». Nessun riferimento, nel confronto con i sindacati, a possibili ricorsi alla cassa integrazione o, peggio, alla mobilità. Per ora i posti di lavoro sono salvi. Se sarà inevitabile accompagnare il programma di risanamento con la "cassa", è aspetto che si vedrà in seguito.
Dopo i sindacati a Taranto, Ferrante ha incontrato il presidente della Puglia, Nichi Vendola, e gli altri amministratori locali a Bari. «Chiedo al presidente dell'Ilva di mantenere la linea del dialogo e del confronto», dice Vendola, preoccupato della brusca accelerazione degli ultimi giorni. Per il governatore «è il momento di fare il massimo sforzo per conciliare il lavoro con l'ambiente non disperdendo quanto sinora abbiamo messo in campo».
A Taranto, intanto, si valuta come evidente segno dell'attenzione del Governo il fatto che venerdì, in Prefettura, i ministri dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e quello dell'Ambiente, Corrado Clini, si occuperanno dal caso Ilva. «Auspichiamo che il vertice serva a individuare una soluzione che vada nella direzione che in tantissimi auspicano, ovvero ambiente e lavoro insieme – sottolinea Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto –. Basta con colpi di scena e fughe in avanti. Vogliamo soluzioni che non destabilizzino, ma soprattutto serenità». Per tener alto il livello di attenzione – da ieri e sino a giovedì, Ferragosto escluso –, Fim e Uilm di Taranto hanno indetto due ore di sciopero al giorno, dalle 10 alle 12, con blocco delle strade statali vicino la fabbrica. La Fiom Cgil non partecipa perché la ritiene una protesta anti-giudici. E il comitato "Cittadini liberi e pensanti" (si richiamano a quel movimento che il 2 agosto irruppe con l'Apecar nel comizio dei leader sindacali), convinti dell'impossibile eco-compatibilità per l'Ilva e schierati dalla parte del Gip Todisco, annuncia: «Ovunque si parlerà di Taranto noi ci saremo. A partire dal vertice di venerdì con i ministri».

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