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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2012 alle ore 06:36.

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ROMA
Gli unici nella maggioranza a prendere una posizione netta a favore della mossa del Governo di ricorrere alla Consulta contro il provvedimento del Gip di Taranto, Patrizia Todisco, di bloccare la produzione dell'Ilva, sono Pdl e Udc. Mentre il Pd fa un passo indietro dopo le dichiarazioni del responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che sabato scorso aveva definito «irrituale e molto preoccupante» il provvedimento del giudice tarantino.
Così la decisione dell'Esecutivo annunciata ieri dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà sembra mettere alla prova la compattezza della maggioranza. Che all'indomani dell'ordinanza aveva chiesto al premier Monti, con una posizione comune dei leader di Pdl, Pd e Udc, Alfano, Bersani e Casini «di intervenire subito, direttamente,con tutti i mezzi "diretti ed indiretti" e di prendere in mano il dossier Ilva perché la situazione rischia di precipitare».
«Giusto il ricorso alla Corte Costituzionale – afferma Stefano Saglia, capogruppo del Pdl in commissione Attività produttive della Camera ed ex sottosegretario allo Sviluppo del Governo Berlusconi – ma l' azienda valuti ugualmente la richiesta di spostamento della sede processuale: è irrituale il provvedimento interpretativo da parte del Gip». A puntualizzare che «la sovrapposizione tra i diversi poteri dello Stato é oramai divenuta schizofrenica» è anche la deputata azzurra Beatrice Lorenzin che sottolinea come «il caso dell'Ilva è l'epifenomeno di una debolezza più sistemica che rischia di mettere in ginocchio non solo il sistema produttivo italiano, ma anche le sue istituzioni». L'assenso all'Esecutivo arriva invece dall'Udc, in un messaggio affidato a Twitter dal leader Pier Ferdinando Casini. «Condivido le iniziative del governo. Affidare le scelte di politica industriale del Paese ai magistrati significa andare nel baratro».
Un terreno su cui invece il Partito democratico si è tenuto più prudente rispetto ai giorni scorsi. «È inutile – sottolinea Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche del Pd – infilarsi nell'ennesimo conflitto con la magistratura. La politica deve prendere il coraggio a quattro mani e affrontare il problema dell'Ilva e più in generale del rapporto tra ambiente e industria con leggi nuove. Conosco quella procura e sono persone serie, non talebani del diritto». Il problema secondo Boccia comunque c'è perché «non è possibile condannare a morte un'azienda sulla base di un'ipotesi di reato. C'è un decreto che deve essere convertito in Parlamento, il modo migliore per scrivere norme chiare che non consentano azioni di questo tipo, se non ci sono certezze».
E a difendere la magistratura è anche Felice Casson, vicepresidente dei senatori Pd e pm nell'inchiesta sul petrolchimico di Marghera, che resta perplesso sulla decisione del Governo. «All'interno del sistema giuridico – spiega Casson – esistono rimedi contro qualsiasi provvedimento della magistratura, ma in questa circostanza ricorrere alla Consulta mi sembra fuori dagli schemi giuridici. È comunque molto importante precisare che il magistrato è obbligato per legge a intervenire sulla pericolosità della situazione, che va verificata attraverso i dati scientifici e medici di oggi. Perché se il pericolo sussiste, il magistrato non ha scelta, deve intervenire».
Ferma invece la posizione dell'opposizione. Con il leader dell'Idv Antonio Di Pietro che accusa Governo e partiti di difendere la logica del profitto. «Vogliamo denunciare – accusa Di Pietro – il crimine contro la salute, contro il lavoro, contro la verità e contro la giustizia che il governo e i partiti che lo sostengono stanno perpetrando a Taranto. Oggi il governo ha annunciato che ricorrerà alla Consulta per fermare chi difende la legge. Adesso politici e governanti vanno di corsa. Fino a ieri, fino a quando non è intervenuta la magistratura, se la prendevano comoda. Se la sono presa comoda per decenni, anche se tutti sapevano perfettamente che l'Ilva produceva morte».
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