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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2012 alle ore 17:02.

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Le Pussy riot in tribunale (Reuters)Le Pussy riot in tribunale (Reuters)

Un'interessante analisi scritta per Foreign Affairs da Joshua Yaffa, corrispondente da Mosca per l'Economist, si interroga sulla capacità di Vladimir Putin di adattare la propria visione dello Stato a una Russia che pian piano si sta trasformando: «Il trono potrà sembrargli familiare - osserva Yaffa riferendosi al terzo ritorno del presidente russo al Cremlino - ma il regno è completamente nuovo».

È una bella immagine per descrivere il legame - o la sua mancanza - tra Putin e la società che intende governare: la condanna di Masha, Katia e Nadia - le tre Pussy Riot della band che nel febbraio scorso portò la protesta contro il regime all'interno della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca - sembra raccogliere in sé l'incapacità del presidente di trovare un punto di contatto con quella parte della società maturata proprio negli anni del suo regno: affamata di aperture, desiderosa di partecipazione, decisa a difendere i propri diritti, tra cui quello di critica.

Se ora i sostenitori delle Pussy Riot gridano "vergogna", e se attivisti e artisti in tutto il mondo si indignano, il problema non è la legge russa: anche in Italia, per esempio, il Codice penale prevede cinque anni di reclusione per chi offenda l'onore o il prestigio del presidente della Repubblica. Il problema in Russia è che le tre ragazze chiuse in quella gabbia di vetro che già ospitò Mikhail Khodorkovskij sono diventate il simbolo di un diritto alla libera espressione che si sta assottigliando sempre di più, all'interno di un sistema chiuso al cambiamento. Come quando ha rifiutato il dialogo con i manifestanti all'inizio delle proteste, l'autunno scorso, così oggi Putin ha lasciato passare un'occasione per tendere la mano.

Ora questa condanna può trasformarsi in un boomerang. Il processo ha già riacceso i riflettori su un movimento di protesta che stava languendo, impotente. È possibile che ora si riaccenda, che cresca quella parte dell'opinione pubblica che si allontana dal presidente perché trova sproporzionato il castigo in confronto al delitto. Il movimento di protesta non era ancora riuscito a trovare dei leader: ora ha tre nuovi volti, dietro le sbarre, a cui fare riferimento.

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