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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2012 alle ore 08:11.
MILANO
Fuggiti i grandi fondi pensione, scappate le banche e dileguati i fondi comuni statunitensi, ora l'Europa diventa terreno di conquista degli avvoltoi a stelle e strisce. Gli hedge fund e i gruppi di private equity Usa specializzati in investimenti problematici (crediti bancari in sofferenza, società in grave crisi, rami "secchi" di banche, obbligazioni vicine al default) secondo Bloomberg hanno infatti raccolto la cifra record di 60 miliardi di euro per venire ad investire proprio in Europa. Secondo le stime Pwc, più allargate, la loro disponibilità è addirittura di 350 miliardi di dollari. Si tratta di una quantità record di denaro, raccolta per fare shopping a prezzi stracciati nel Vecchio continente. Per approfittare della crisi. Per cercare occasioni tra le dismissioni forzate delle banche. Tra i loro crediti in sofferenza. Tra le aziende in crisi.
Solo gli istituti di credito – stima PriceWaterHouseCoopers – dovrebbero dismettere in Europa qualcosa come 1.300 miliardi di euro di attività non strategiche. Il Fondo Monetario calcola che i "rami secchi" in vendita possano arrivare a 2mila miliardi. Comunque vada, si tratta di una festa per chi ha soldi e competenze per gestire situazioni problematiche. «Le banche devono necessariamente dimagrire – osservava qualche mese fa al New York Times David Abrams, capo degli investimenti problematici di Apollo Global Management –. Questa, per noi, è una grande opportunità di acquisto». E anche per altri fondi cosiddetti distressed: nomi noti come Oaktree Capital, Avenue Capital o Davidson Kempner. C'è solo un problema: la stagione dei saldi, tanto attesa, ancora non è iniziata.
Sofferenze in vendita
Sono i numeri a spiegare il motivo di un interesse così grande. Innanzitutto le banche stanno accumulando nei bilanci una quantità crescente di crediti in sofferenza, quelli di dubbio recupero. In Italia negli ultimi due anni – stando ai dati dell'Abi aggiornati a maggio – sono aumentati del 66% a 110 miliardi di euro. In Europa, stima Pwc, la montagna di crediti non performing ammonta a mille miliardi di euro. Cifre enormi, che aumentano più la recessione morde imprese e famiglie. Ma questo grande problema europeo diventa un grande terreno di conquista per i fondi specializzati nel recupero e nella gestione dei crediti problematici. Nei primi sei mesi del 2012 le banche europee hanno già venduto 27 miliardi di euro (valore lordo) di sofferenze. Ma si tratta solo della punta di un iceberg.
Altre operazioni potrebbero infatti arrivare, quando si incontreranno domanda e offerta. Oggi questo accade raramente, soprattutto perché le banche non vogliono registrare nuove perdite: questo le induce a tenere in bilancio i crediti in sofferenza a valori gonfiati. E questo impedisce la loro vendita, perché i prezzi – secondo gli acquirenti – sono troppo alti. «Oggi non è facile incrociare domanda e offerta – conferma Paolo Strocchi, presidente di Fbs, società specializzata nei crediti in sofferenza –. Si chiudono solo le operazioni in cui le banche non registrano perdite. Affinché questo avvenga, servono advisor competenti, in grado di valutare con precisione il valore dei crediti in sofferenza».